Inciampare nell’Amore
Si può inciampare “in un filo d’erba” perché “il mondo ti fa lo sgambetto”? Ebbene sì. A ‘denunciarlo’ è Maria Pia Latorre nella sua ultima pubblicazione, ‘Flamenco e cioccolato’, che G.C.L. Edizioni ha dato alle stampe pochi giorni fa. Questa concomitanza col Mese della Memoria fa sì che il filo d’erba in questione somigli a una ‘pietra d’inciampo’. Con questo termine si intendono quei blocchetti di pietra incorporati nel selciato sui quali una piccola placca d’ottone ricorda le persone messe a morte dai nazisti (ideate dall’artista tedesco Gunter Demnig contro il negazionismo e la memoria imperfetta o ‘accomodata’ a proposito delle deportazioni tedesche, le Stolpersteine trovano posto nei paesi europei che patirono i guasti della croce uncinata). La pietra d’inciampo della Latorre recherebbe una sola parola: Amore. Il principe dei sentimenti è qui la stella polare cui è fisso lo sguardo di una navigatrice curiosa e appassionata. E il pathos nasce dall’urgenza di assecondare una ‘polla emotiva’ di rara generosità, il cui getto si presenta composito: A contendersi la parola sono più elementi: l’inquietudine (“che oggi il cielo non cada sua noi”), la sensualità (“l’amplesso carnoso delle foglie mi stordisce”), la gratitudine (“sul tuo ventre enorme / ho abbracciato il cielo”) e i ricordi (“d’estate, hai ancora neve tra i capelli”). Tanta ricchezza dà vita ad accostamenti arditi (“barcollano soffioni ubriachi”), a vertigini d’Assoluto (“amore, come posso raccontarti?”), ad acuti sentimentali (“scivola la mia mano / sul tuo mare velluto”), ad accenni acidi (“un’ombra ribelle vomitata nel water”) e persino a richiami culinari (“l’allegria della pizza / il suo tondo essere / girandola ruffiana”). Tra le zolle del cuore di una donna la vita depone semi diversi. Tutti fruttificano. Allora ‘Flamenco e cioccolato’ somiglia a un fazzoletto di terra ove colture diverse s’affollino sgomitando. Ma sono tutte figlie del medesimo grembo: “il ripostiglio dell’anima”. Nel casareccio scrigno trova posto pure una galleria di figure cui l’Autrice riconosce un determinante contributo formativo: Nonna Aurora e Beppe Labianca, per restare al personale; Frida Kahlo, Monet, Satie, Rachmaninov, Esher, Pink Floyd ed altri allargando lo sguardo al collettivo. Suggestioni ‘geografiche’ (Bari, Metaponto, l’Amazzonia e la Sardegna) completano la gamma dei motivi d’ispirazione di una silloge che si fa apprezzare per l’umanità ‘caliente’ che la innerva. – Nell’immagine, un’opera di Beppe Labianca, pittore e scultore nativo di San Ferdinando di Puglia e barese d’adozione. Artista di respiro internazionale (nel 1975 aveva dato vita al centro culturale Officina Nuova), Labianca si è spento lo scorso anno all’età di 74 anni.
Italo Interesse
Pubblicato il 27 Gennaio 2022