Incredulità e sconcerto in aula per un’offesa alla Melini
Incredulità e sconcerto per quanto è accaduto a Palazzo di Città nell’aula “Dalfino”, durante i lavori seduta dell’Assemblea consiliare di ieri impegnata ad eleggere i componenti della giuria popolare, non soltanto da parte di tutti coloro che erano presenti nella sala consiliare, ma anche da parte di tanti comuni cittadini che hanno appreso del fatto verificatosi all’atto dello scrutinio delle 23 schede (tanti erano i consiglieri che hanno partecipato al voto) depositate nell’urna a scrutinio segreto. Un fatto vergognoso per la politica, ma non soltanto per questa. Infatti, uno dei 23 consiglieri comunali di Bari che hanno partecipato al voto dei componenti della giuria popolare, invece di riportare sulla scheda il nome di colui che intendeva far eleggere, ha scritto una parolaccia odiosa e sessista abbinata al nome della collega Melini, che – come noto – è un’esponente dell’opposizione di centrodestra, eletta alle amministrative baresi del 2014 nelle fila di Forza Italia e poi passata al gruppo misto. Quindi, non è stato un hater qualunque ad abbinare una parolaccia offensiva al nome di una persona, come qualche volta accade sui social network, ma proprio un consigliere comunale eletto a Palazzo di città. E quando il consigliere comunale Michele Caradonna, incaricato dello spoglio, ha estratto dall’urna ed aperto la scheda con la scritta offensiva forse non credere ai suoi occhi, quando ha letto quello che c’era scritto. Infatti, ha cominciato a leggere ed ha pronunciato il nome “Irma”, ma immediatamente si è interrotto, perché in evidente difficoltà nel riferire ciò che era riportato. “Scheda nulla” ha subito dichiarato con imbarazzo il presidente dell’aula, Pasquale Di Rella, che nello spoglio delle schede era al fianco di Caradonna. A quel punto è stata la consigliera di opposizione Irma Melini che, sapendo di non avere omonimie in aula, ha preteso che venisse letto quanto scritto, per sapere che insulto fosse stato abbinato al suo nome. A quel punto dal banco della presidenza ha letto: “Irma la troia”. A quel punto è stata la stessa Melini ad alzarsi e a uscire dall’aula. Con lei hanno abbandonato l’assemblea anche le altre (e poche) donne elette. “Il mio è stato un tentativo di tutelare l’immagine della consigliera – ha spiegato il presidente Di Rella – ecco perché non volevo leggere il messaggio”, aggiungendo: “E’ mio dovere esprimere solidarietà e denunciare l’assoluto degrado dimostrato nel corso di questa votazione in un’aula che meriterebbe molto meglio”. Pero, sarebbe stato forse meglio se il presidente del Consiglio comunale si fosse rifiutato di riferire all’Aula la parolaccia scritta su quella scheda a fianco del nome della consigliera, magari invitando quest’ultima a prendere visione personalmente della scheda. E questo perché riferendo pubblicamente quanto riportato si è forse fatto il gioco di chi ha effettuato questo vergognoso scherzo che squalifica sicuramente non solo l’autore ignoto dell’ignobile gesto, ma in senso lato anche l’Organo di cui è verosimilmente indegno componente. Poi, Caradonna ha chiesto lo stop dei lavori, affermando: “Quando ho aperto la scheda non riuscivo a credere ai miei occhi. Volevo evitare che in questo consiglio potesse essere lanciato questo messaggio vergognoso nei confronti di una donna. Non siamo in grado di essere rispettosi delle persone: è un attacco ingiustificato”. Il consiglio comunale è stato sospeso per una pausa che è durata circa cinque minuti. Subito dopo alla consigliera Melini è giunta la solidarietà del sindaco, Antonio Decaro, che dichiarato: “Sono qui ad esprimere la mia solidarietà alla consigliera Irma Melini, non in quanto uomo ma in quanto rappresentante delle istituzioni. Perché chi ha scritto quella parola offensiva, sessista e stupida su quella scheda, ha sporcato l’Aula consiliare stessa, ha svilito l’istituzione che rappresentiamo, a questo punto mi viene da dire, indegnamente. Mi auguro che la consigliera Melini vorrà accettare la solidarietà mia e della giunta e le scuse dell’intero Consiglio comunale”. Decaro ha poi aggiunto: “A tutti vorrei ricordare che, nell’aula Dalfino, si è esercitata la politica e l’amministrazione nelle sue forme più nobili, ed è a quell’esempio che dobbiamo tutti guardare. Possiamo scontrarci, lottare per le nostre idee, portare avanti con passione le nostre convinzioni ma dobbiamo farlo nel rispetto del ruolo che ricopriamo e delle persone che abbiamo l’onore di rappresentare. Se non saremo capaci di fare questo potremo ritenere fallito il nostro compito di uomini e donne prima che di politici”. In merito all’ accaduto anche le consigliere Francesca Contursi (Pd), Anita Maurodinoia (Sud al centro) e Alessandra Anaclerio (Realtà Italia)e le assessore Francesca Bottalico, Carla Palone, Carla Tedesco e Paola Romano ha dichiarato: “Condanniamo fermamente l’atto vergognoso compiuto oggi in un’aula istituzionale, un luogo che rappresenta l’intera città di Bari. Il dibattito in aula consiliare dovrebbe essere esempio di confronto civile nella libera espressione di posizioni, anche contrapposte, e il ricorso all’offesa sessista e volgare non è in alcun modo ammissibile”. Infatti, prosegue la nota delle altre donne presenti nel consiglio comunale barese e quelle della giunta Decaro, le stesse hanno aggiunto: “Ciò che è accaduto questo pomeriggio è un gesto vile, deplorevole e inaccettabile, perché le parole hanno un peso e possono ferire. Si parla tanto della violenza di genere e dell’importanza di linguaggi nuovi, inclusivi e rispettosi di ogni differenza e poi accade che, nella massima assise cittadina, ci si esprima in maniera oltremodo offensiva per ogni donna”, perché “quello di oggi è un insulto alla persona, al genere e all’istituzione”, esprimendo in conclusione “piena solidarietà alla consigliera Melini” ed “auspicando di non assistere mai più a episodi ignobili come quello offertoci questo pomeriggio. Non smettere mai di indignarsi”. Ma forse ad indignarsi ancor di più saranno certamente i cittadini baresi che ora sanno pure di avere tra i banchi del consiglio comunale un esponente che, a seguito di ciò che ha scritto su quella scheda, rappresenta indegnamente la città di Bari in quell’aula.
Giuseppe Palella
Pubblicato il 15 Novembre 2017