Intorno al Principe il valzer degli Idioti
Non si sono ancora spenti gli echi delle polemiche (roventi) tra esclusi ed eletti in occasione del laboratorio formativo che a giugno Nekrosius tenne a Bari, che già il capoluogo torna a dividersi a proposito del regista lituano. Nuova occasione di querelle, il suo ‘Idiotas, che tra mercoledì e giovedì è stato in cartellone al Petruzzelli per la stagione di prosa del Piccinni. Come nelle previsioni, nessuna via di mezzo : o lodi sperticate o pollice verso. Per quanto ci riguarda ‘Idiotas’ non ha convinto. A parte l’inutilità di una kermesse lunga cinque ore, l’allestimento ha confermato l’improponibilità dei display. Il saliscendi oculare, alla lunga sfiancante oltre che dannoso al quale questi schermi obbligano, non consente di apprezzare appieno quanto avviene sul palco. Tanto vale – a condizione di conoscere bene il testo – seguire le cose in lingua straniera (il lituano nel caso in questione) e cercare così un approccio diverso, che in qualche caso può tradursi in ragione di piacevole sorpresa. Ma non è stato questo il caso di Idiotas. Nekrosius ha dato vita ad un allestimento asciutto, spigoloso, più convulso di quel che suggeriscono alcuni momenti del testo, tra l’altro non certamente tra le cose migliore di Dostojevski. Il principe Miskyn (il protagonista dell’opera), questa figura alla quale impropriamente si dà dell’idiota per il fatto di vibrargli in petto un fanciullino di pascoliana memoria, viene disegnata dal regista lituano senza il candore, la ‘mordidezza’ di un Piccolo Principe, il carisma involontario del giardiniere interpretato da Peter Sellers in ‘Oltre il giardino’, una pellicola di Hal Ashby degli anni settanta (ecco un vero idiota, ovvero un sempliciotto il cui primordiale buon senso viene per equivoco collettivo scambiato per saggezza). L’atteggiamento del Miskyn di Necrosius fa pensare piuttosto a un mistificatore, a un burlone che si finge idiota per ozio, per il capriccio snob di svelare il prossimo senza esserne svelato, salvo alla lunga farsi travolgere dagli eventi, innamorarsi e conoscere l’abisso del dolore (sempre però restando nella propria ‘parte’). In altre parole la diversità pur palese dell’Idiota qui non si traduce in un vero sentore di superiore statura morale. E questa superiorità non viene sottolineata dall’inquietudine di chi attornia Mishkin e che Dostojevski racconta con misura dal momento che la stessa inquietudine viene dalla regia enfatizzata forzando la mano sino a disegnare un movimento gratuitamente esagitato. In conclusione, l’effetto è quello d’un’accolita di nevrotici e psicolabili (vogliamo chiamarli : Idioti?) che si agita senza costrutto intorno ad un qualunque povero di spirito. Non era questo che Dostojevski intendeva.
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Pubblicato il 21 Novembre 2011