‘Inumanimal’, i numeri del dolore
Nove persone su dieci rinuncerebbero ad ammazzare un animale per riempire lo stomaco. Ma nove su dieci si cibano di quella carne… Si aggira l’ostacolo morale facendo fare il lavoro sporco ai professionisti della strage. Spot suadenti, poi, allontanano l’idea di killer seriali e stabilimenti della morte e ‘benedicono’il consumo incentivandolo. Così, quotidianamente, una quantità impressionante di animali viene allevata in vista della produzione di carne, latte, pelliccia, pellame e quant’altro l’industria riesca a cavare dagli scarti della macellazione. Gli animalisti non si stancano di mettere in piazza i numeri del dolore che scandiscono la schiavitù animale. Uno sconcio denunciato con tutti i mezzi disponibili, libri, denunce sui media, incatenamenti, sit-in, flash mob… Qualche giorno fa il tema è stato affrontato negli spazi di Masseria Carrara, il Centro di Educazione Ambientale di Via delle Rose, fra Modugno e il Quartiere San Paolo, nell’ambito della rassegna di teatro ‘Il cuore secondo Giovanni’, a cura di Andrea Cramarossa. ‘Inumanimal’ è atto performativo di Teodora Mastrototaro e Savino Lasorsa (disegno del suono : Daniele Vergni). Un’ora di spettacolo senza il minimo fronzolo (bastano due sedie) e che si fonda sul contrasto luce/buio. All’impudente solarità con cui da millenni sfruttiamo gli animali si contrappone il buio della ragione, ovvero l’oscurità in cui stipati a bordo di vagoni, container e tir viaggiano quotidianamente migliaia di animali destinati ai mattatoi (condizione ‘bestiale’ che conobbero le vittime dell’Olocausto inviate ai campi di sterminio). ‘Inumanimal’ ha così un andamento a sinusoide, un saliscendi fra possibili scambi emotivi di animali portati alla morte (straziante il frammento della mamma che non trova più il suo piccolo nell’inferno del carro bestiame) e la parola, il gesto delle figure più rappresentative della filiera della carne : il veterinario, l’allevatore, il consumatore, il trasportatore e infine il boia. Quest’ultima, la frazione più amara : Un animale-spettatore (la stessa Mastrototaro incappucciata e incatenata per il collo) viene strappato alla platea e trascinato sino alla stanza del supplizio. La prima fase del ciclo, quello della carne viva è finito. Ha inizio quella della carne morta, mentre in contemporanea in mille parti del mondo ricomincia lo stesso ciclo . E così via, ininterrottamente. Uno ‘spettacolo’ che arriva come una nerbata in viso e che sollecita un interrogativo : Cosa può pensare della propria sorte un pollo o un mucca, che era meglio nascere ratti?… E viene in mente ‘nder a la lanz, il luogo di culto della baresità, il luogo dove si celebra il ‘rito’ della battitura del polpo, questo costume arcaico, questo gesto barbarico e violentissimo, propedeutico all’arricciatura e che troppi perdonano, nobilitandolo come espressione di folclore.
Italo Interesse
Pubblicato il 10 Maggio 2017