Invasi di Puglia, risorse e sprechi
Povera d’acqua di superficie, la Puglia è invece ricca di invasi, realizzati elevando dighe anche imponenti sui pochi fiumi e torrenti che solcano il nostro territorio. Sono ben nove gli invasi pugliesi. Tre sono nel foggiano : il Torre Bianca (formato dalle acque del Celone), l’immenso lago di Occhito al confine fra Puglia e Molise (lo alimenta il Fortore) e, nei pressi di Cerignola, il Marana Capacciotti, dal nome dell’omonimo corso d’acqua. Altri tre invasi si aprono nell’entroterra barese : il Locone (nel territorio di Minervino Murge ; riceve le acque del Locone), il Serra del Corvo (nei pressi di Gravina ; lo alimenta il Basentello), infine il Saglioccia, a poca distanza da Altamura. E’ però quest’ultimo un invaso rimasto asciutto : avrebbe dovuto ricevere l’acqua del Bradanello e del torrente che gli dà il nome. Ma quella diga, pur ultimata, non è mai entrata in funzione. Il caso Saglioccia apre il capitolo degli sprechi di denaro pubblico a proposito di dighe ed invasi. Se ci spostiamo nel tarantino troviamo un altro monumento alle opere incompiute : Nel territorio di Monteparara, ai confini dell’agro di Grottaglie, si allarga il bacino idrico Pappadai. Progettato per contenere 20 ml di metri cubi d’acqua, ne contiene meno del 20%, e di origine piovana. Si stima che dal 1984 ad oggi siano stati spesi 250 ml di euro per irrigare una vasta porzione di territorio del Salento e del tarantino. Ma quell’acqua, che doveva arrivare dal fiume Sinni in Lucania, non ha mai ‘invaso’ alcunché. Tra l’altro, senza manutenzione a causa del mancato utilizzo, le tubature (che si sospetta costruite in cemento e amianto…), le pompe e gli idranti sono ormai inutilizzabili. A completare il danno, la presenza nel Pappadai di rifiuti industriali e tossici, sfregio ambientale a cui non è estranea l’ecomafia locale. Restano ancora due invasi, entrambi alla periferia di Brindisi : Fiume Grande, che rientra nel perimetro del Parco Naturale Regionale Saline di Punta della Contessa, e Cillarese, inserito nell’omonima Oasi di protezione faunistica. Sia l’uno che l’altro invaso sono alimentati da falde e torrentelli che in origine, quando non ancora ‘disciplinati’ davano vita ad aree paludose. Lavori di bonifica hanno portato alla creazione di vasti specchi d’acqua pensati non a fini irrigui, a differenza degli impianti di cui prima, ma per rifornire i grandi complessi industriali della zona. La presenza dei due invasi ha dato origine a due zone umide spontanee. In altre parole, senza bisogno di interventi, si è riformato l’originario biotipo palustre che ora è habitat di varie specie di uccelli acquatici stanziali e meta di uccelli migratori.
Italo Interesse
Pubblicato il 14 Aprile 2015