Ismaele, numero 28
Siamo numeri. Un numero di codice fiscale, un numero di registro anagrafico, di patente di guida, di posizione INPS… Anche quando si fa ingresso in un luogo dove è necessario stabilire precedenze d’arrivo, un distributore assegna un numero all’ultimo arrivato, il quale di fatto smarrisce la dimensione umana e involve in elemento numerico. Regresso particolarmente doloroso per chi, già reduce da un qualche inferno, si ritrovi ‘numerato’ all’interno di un Ufficio Immigrazione nella prospettiva di lottare per trovare ascolto e, possibilmente credito. Poi finalmente il display scandisce : 28 ! (ad esempio) e un numero pesca un uomo nel quale incarnarsi. A quel numero allora viene riconosciuto almeno un passato. Solo che di questo passato bisogna rendere conto… Mica una cosa da niente a certe condizioni. E’ il caso di Ismaele, protagonista di ‘Ismael’, monologo scritto e interpretato da Massimiliano Frateschi (regia di Graziano Piazza\) e andato in scena al Kismet fra venerdì e sabato scorsi. Ismael è scappato dalla Siria, un altro di quei gironi danteschi come ce n’è tanti in giro. Queste bolge si somigliano tutte : bombe, rovine, abusi di potere, morte, assenza di prospettive… Se vi nasci, non puoi che tagliare la corda, costi quel che costi. E’ quanto fa Ismaele, il quale una volta approdato in occidente, non ha tempo di rifiatare, di rimuovere l’orrore che già deve inventariarlo per rendere conto. Riesce a farlo con slancio sorridente, salvo cupe scivolate là dove il ricordo tocca i momenti più grevi. Frateschi dà tutto sé stesso, spesso con una velocità di parola non comune ; la trovata consente di caricare meglio la cadenza araba del personaggio ma l’impeto che sostiene il torrente verbale un poco ne ostacola la fruizione. Nell’allestimento di Graziano Piazza, Ismaele non siede davanti a una possibile scrivania dietro cui potrebbe trovare posto un rappresentante istituzionale annoiato quando non scorbutico, bensì siede, solo, al centro di una breve fila di comuni sedie, di quelle fabbricate a milioni e che affollano qualunque sala d’attesa. A chi si rivolge allora Ismaele ? Che stia ‘provando’ un racconto ben pianificato per toccare Funzionari induriti dalla famigliarità con certi drammi ? Ma Ismaele non è un commediante. Che voglia invece ingannare il tempo ‘intrattenendo’ un compagno di sventura fuggito da Kabul o da qualche altro postaccio del cuore dell’Africa, a sua volta con un occhio al display e in mano lo scontrino del tocca-a-me ? Nemmeno questo. E tanto meno Ismaele è un attaccabottoni da fermata del bus. E’ possibile, perciò, che Ismaele rappresenti l’anti-numero, che sia affermazione di un diritto, quello all’esistenza, negato implicitamente dall’algido pensiero occidentale e negato esplicitamente dal delirio ideologico-religioso che infiamma gli angoli meno progrediti di un mondo dissennato.
Italo Interesse
Pubblicato il 8 Settembre 2021