Cultura e Spettacoli

Isolotti spariti di casa nostra

A parte le Tremiti, la Puglia non è ricca di isole. Ci mancava che tre di esse scomparissero. E’ poco noto che il micro arcipelago delle isole Cheradi (che si allarga nelle acque di Taranto), oggi composto dalle sole isole di San Paolo e di San Pietro, un tempo considerava pure Nicolicchio. E’ questo il toponimo di un vasto scoglio (i pescatori lo chiamavano semplicemente ‘ u’ squegghie’) che un volta affiorava in prossimità di Punta Rondinella e sul quale sorgeva una badia di rito greco dedicata a San Nicola di Myra. Caduto a pezzi quel luogo di culto, nessuno più si è fatto scrupolo di cancellare l’isolotto col l’aiuto di ruspe e draghe durante i lavori di ristrutturazione industriale legati all’allargamento del porto mercantile. Spostandoci più nord, scopriamo che all’interno del lago di Lesina, quando c’è bassa marea, affiora l’isola di San Clemente. Prima che un fenomeno di bradisismo lo facesse sprofondare, l’isolotto di San Clemente ospitava una chiesa dedicata a quel Martire, costruita sui resti di un tempio pagano e successivamente distrutta dai saraceni. Quando poi nel 1164 il Conte di Lesina Loffredo donò a Leonante, abate di San Clemente di Casaria quella piccola isola, il clero vi eresse una nuova chiesa con annesso convento. All’inizio dell’Ottocento, il monastero era già in rovina ; segno che da almeno un secolo il bradisismo aveva segnato la fine della vita a San Clemente (dunque, il terrificante maremoto-terremoto che funestò il Gargano nel 1627 non ha alcuna responsabilità in proposito). Chi si rechi a Lesina potrà notare che a un centinaio di metri dal lungolago una grande croce di ferro si leva dalle acque proprio là dove una volta sorgeva l’isola di San Clemente. A differenza di quanto si creda, quella croce non è la cuspide di un campanile sommerso (né segnala – altra falsa credenza – che lì sorgesse il primigenio nucleo abitativo di Lesina). Poggia infatti su un (brutto) basamento di calcestruzzo che affonda in acqua per meno di mezzo metro. Per averne conferma basta aspettare la bassa marea, quando la sommità dell’isola di San Clemente torna a vedere la luce del sole ; il che in autunno diviene motivo di spettacolo per i tanti uccelli migratori che fanno di quella superficie una sicura area di sosta. Quella croce fu piantata dai Lesinesi agli inizi del Novecento. E chiudiamo con Bari. A circa trecento metri dal Fortino esiste la Secca del Monte. Agli inizi del X secolo, per evitare danno ai vascelli, i baresi in quel punto scaricarono massi sino a ricavare un isolotto artificiale detto Monte Rosso, su cui in seguito vennero elevati una cappelletta dedicata al culto di Sant’Antonio Abate e (pare) un piccolo ospedale da quarantennale. In seguito, l’abbandono di quelle costruzioni, l’azione del mare e, chissà, un bradisismo, decretarono la scomparsa del Monte Rosso (o, come si diceva a Bari, u pennite).

 

Italo Interesse

 


Pubblicato il 29 Giugno 2013

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