L’ ensemble Concerto Italiano nell’armonia polifonica di Bach
In programma di Johann Sebastian Bach, l' Ouverture in stile francese, BWV 831 e l' Aria con diverse variazioni per clavicembalo con due tastiere

Questa sera alle 20:30 al Petruzzelli Rinaldo Alessandrini dirigerà l’ensemble Concerto Italiano, condotto da Rinaldo Alessandrini e composto da Nicholas Robinson e Andrea Rognoni(violini), Ettore Belli (viola), Alessandro Palmeri (violoncello), Luca Cola (contrabbasso), Rinaldo Alessandrini (direzione e cembalo). In programma di Johann Sebastian Bach, l’ Ouverture in stile francese, BWV 831 e l’ Aria con diverse variazioni per clavicembalo con due tastiere (Variazioni Goldberg), BWV 988, per 5 archi e clavicembalo. Ormai svezzato dall’op. 1 Bach trovò nel 1735 un editore di Norimberga che accettò il seguito dell’Esercizio senza richieste di spese eccessive all’Autore. La seconda parte dell’opera comprende il Concerto nel gusto italiano e la Ouverture nello stile francese. Chi dettava legge in fatto di stile all’epoca in Europa erano l’Italia, la Francia e la Germania. Ma le corti tedesche influenzate dal mito del Re Sole erano generalmente filofrancesi, e Bach, a Luneburg, aveva eseguito e fatto copie di Couperin, Dieupart e de Grigny, oltre ad aver conosciuto personalmente il francese Louis Marchand che, come si racconta, si sottrasse con una fuga notturna ad una specie di gara all’organo che avrebbe dovuto avere luogo fra lui e Bach. Alla corte di Weimar Bach aveva però trovato un orientamento culturale diverso e aveva studiato e trascritto per clavicembalo solo alcuni concerti di Vivaldi e di Alessandro Marcello. I concerti e le ouverture erano pezzi per formazioni orchestrali, e negli anni Trenta le orchestre erano ormai in grado di produrre abitualmente gli effetti di sbalzi della dinamica che all’inizio del secolo, con Corelli, avevano lasciato il segno a Roma. Il normale clavicembalo era capace di variare la dinamica solo di poco e solo con una manovra macchinosa. Bach scelse allora il clavicembalo con due manuali, cioè tastiere, nel quale si poteva predisporre il forte a una tastiera e il piano all’altra. Non erano possibili il gonfiamento e lo sgonfiamento della dinamica (crescendo e diminuendo), ma era possibile realizzare un facsimile della alternanza di due masse, quella del “concerto grosso” e quella del “concertino”, l’alternativa era mettere in maggiore evidenza uno tra due eventi concomitanti. Nella Ouverture francese, tutta in si minore, le possibilità dei due manuali sono molto evidenti nel pezzo conclusivo, che non a caso è intitolato Echo, e nel pezzo introduttivo, la Ouverture, con un rapido fugato centrale incorniciato da due movimenti lenti nello stile di Lully. Nel 1739 Bach pubblicò la terza parte dell’Esercizio e nel 1741 la quarta, contenente l’Aria con diverse variazioni per clavicembalo con due tastiere che più tardi ebbe il titolo, apocrifo, di Variazioni Goldberg. Non sappiamo quante copie venissero approntate per ogni tiratura dell’Esercizio per Tastiera, ma sappiamo che cento copie vendute coprivano tutti i costi e che da lì iniziava un reale guadagno. Incidere musica di quel tipo richiedeva all’epoca un complicato processo tecnico ed era un’operazione molto costosa, il prezzo delle pubblicazioni a piccola tiratura si manteneva quindi piuttosto alto. La variazione non è una forma ma un genere, e sebbene siano esistite alcune tipologie tradizionali di cui i compositori si servivano per dare forma all’insieme, si può dedurre che ogni grande serie di variazioni è strutturata in un modo unico e irripetibile. Le trenta variazioni delle Goldberg (detto per inciso, il 30 , 10 x 3, era considerato il numero della pienezza e della perfezione) sono suddivise in dieci gruppi di tre (10 è il numero dei Comandamenti, 3 è il simbolo della Trinità). Nei primi nove gruppi l’ultima variazione è un canone a due voci con un basso accompagnante. L’accompagnamento interviene nel rendere più delicato all’ascoltatore l’impatto della rigorosa scrittura contrappuntistica, lo addolcisce e lo rende più colloquiale rispetto a quello dei quattordici canoni sul basso delle Goldberg o a quello dei canoni dell’Arte della fuga. Nelle Goldberg il primo canone (terza variazione) è all’unisono: la seconda voce ripete esattamente la prima, come se ne ripercorresse subito le sensazioni, camminando a distanza ravvicinata. Il secondo canone (sesta variazione) è alla seconda, come se la seconda voce ripercorresse il percorso della prima ma, indietreggiando di poco, e spostandosi lateralmente. I successivi canoni sono alla terza, alla quarta, etc., fino alla nona (ventisettesima variazione); ma il canone alla quinta (quindicesima variazione) è per moto contrario: come se la seconda voce, oltre che spostarsi a lateralmente di parecchio in là, si volgesse in direzione opposta a quella della prima. In definitiva un meraviglioso intersecarsi di rimandi ad effetti sonori complessi, che sconvolgerebbe emotivamente perfino oggi, attraverso le più moderne forme di fare musica.
Rossella Cea
Pubblicato il 18 Giugno 2025