La banda dei cinque
Roberto Del Gaudio e I Virtuosi di San Martino compongono di fatto un quintetto pressoché ‘letale’, una macchina da spettacolo capace di macinare una forma di teatro-musicale che, imprendibile, travolge e diverte. Una forma per la quale i termini di paragone sono pochi. Roberto Del Gaudio attinge dal patrimonio della rivista e dell’avanspettacolo, inventaria, rielabora e infine distilla una drammaturgia intelligente e sapida, a mettere in musica la quale provvedono Vittorio Ricciardi (flauto), Vito Palazzo (chitarra), Salvatore Morisco (violino) e Federico Odling (violoncello ed elaborazioni musicali). Già a ottobre la platea barese era accorsa alla Vallisa per vedere Del Giudice e Virtuosi in scena con ‘Totò, che tragedia!’. La settimana scorsa ha fatto ritorno nell’Auditorium Diocesano per applaudire lo stesso cast impegnato in ‘Nel nome di Ciccio’, un’altra produzione Diaghilev inserita nella stagione Teatro Studio 2022. ‘Nel nome di Ciccio’ è raffinatissimo gesto di ‘devozione’ al secondo campione di sempre della macchietta dopo Totò : Nino Taranto. Qui il maestro partenopeo è punto di partenza, di transito e d’arrivo per un’incursione nel mondo del teatro e del teatro di varietà degli anni d’oro. Sicché, ‘nel nome di Ciccio’ (Formaggio, viene da aggiungere nel ricordo della più celebre gag di Taranto) diventa lecito ‘citare’ Eduardo, Totò, Fabrizi, Macario, Petrolini… L’onnivora drammaturgia di Del Gaudio (nell’immagine) si spinge sino a mettere in croce pure Peppino De Capri e Carmelo Bene. In altri momenti la stessa drammaturgia parte per la tangente e, ispirandosi al colore anche demenziale di certa comicità, apre esilaranti squarci surreali. E in tutto questo i suoi ‘compagni di merenda’ ? Essi sarebbero al servizio della parola e del gesto dell’inconsumabile Del Giudice. Il condizionale trova spiegazione nella natura imprevedibile di questo quartetto il quale, quando meno te l’aspetti, prende il sopravvento e ruba la scena al povero Del Giudice, non senza averlo molestato. Ma appena dopo ecco il quintetto ricompattarsi, spiegare le ali e riprendere il volo regalando sorrisi, risate e risatacce, specie quando Del Giudice interagisce con la platea ; da segnalare anche una ‘fuga’ strumentale in cui c’è spazio per i ben camuffati, Rossini, Schoenberg, Stravinski, Kurt Weill ed altri maestri dello spartito. Uno spettacolo gustoso, impreziosito dall’efficacia del disegno luci (a cura di Victoria De Campora) e dal rifiuto dell’amplificazione. Quest’ultimo ‘dettaglio’ ci è parso il più vibrante omaggio alla memoria di una generazione di eroi che andava in scena a voce piena, in cinema-teatri anche enormi, dall’acustica infelice e al cospetto di un pubblico da corrida e che non conosceva la parola ‘rispetto’.
Italo Interesse
Pubblicato il 13 Aprile 2022