“La battaglia atroce tra Lete e Mnemosine”
La più recente pubblicazione di Daniele Giancane, ‘Il meglio di me – volume primo’ (Adda Editore), sta mettendo a rumore l’ambienti dei poeti. Non sappiamo quanti precedenti abbia questo caso di autoselezione. Per remoto costume studiare un poeta lavorando su stralci della sua produzione è compito di critici e studiosi, i quali, per effetto del maggior distacco nel confronti dell’Autore, sono(quando capaci) nella condizione di farlo meglio. Ma Giancane, assillato dall’idea della “notte”, sembra qui voler ‘suggerire’ una strada discriminando quanto “è meglio finisca nell’oblio” da ciò che invece ha “consistenza e spessore”. Sicché, in questo primo volume comincia con l’occuparsi di opere il cui ampio respiro strizza l’occhio al poema. Le prime sette sono state pubblicate tra il 1969 e il 2021, l’ultima (‘Sì, la reincarnazione, amico’) è un inedito. Occupiamoci di quest’ultima opera. Secondo il Mito, il Lete era dei cinque fiumi infernali quello nelle cui acque le anime si dissetavano per trovare l’oblio, ovvero per liberarsi del ricordo della vita passata, zavorra insostenibile per chi debba adattarsi ad una vita assolutamente ‘altra’. Quasi uno psicopompo, Giancane invita il trapassato a non bere “a garganella” per non dimenticare di “chi sei stato nei giorni terrestri / e di questo far tesoro nelle tue vite a venire”. In sostanza parla a sé stesso, non volendo dimenticare la madre che “mi coprì di baci / che ancora mi risuona la sua voce cristallina”. Come accettare l’idea che anche una mamma “meravigliosa” sia stata “un battito di ciglia nella storia del mondo” e che “ciascuno diverrà prima ricordo / poi più nulla / rumore indistinto di fondo /sabbia che scorre / silente nella clessidra” ? Ma dimenticare, ovvero non cedere alle seduzioni di Menmosine, divinità della memoria, è gioco forza, si arrende con un sospiro sconfitto l’Autore. Posto che ogni percorso di vita va visto alla luce del meccanismo della metempsicosi, ricordare tutte le vite passate “sarebbe una iattura” perché esse “si affollerebbero nella memoria / ci si presenterebbero all’unisono / gli infiniti figli e coniugi e fratelli ed eventi che attraversammo. / E sarebbe il caos”. Scegliere di tornare a reincarnarsi (“di nuovo gettarsi nella mischia” invece che abbracciare “lo stato sereno di atarassia” che l’Altrove assicura) vuol dire che “la battaglia atroce … tra Lete e Mnemosine” si risolve con la sconfitta di quest’ultima. Ci vuol pazienza : “Chi sei stato non lo saprai più / sarai ciò che sarai”. In conclusione, “il destino di noi quaggiù è l’oblio”… Un ‘poemetto’ profondissimo, eppure lieve. ‘Sì, la reincarnazione, amico’ è intriso della speranza che la mestizia da oblio si volti in sollievo. Tre interventi critici a firma di Anton Berisha, Marco Ignazio De Santis e di Giorgio Barberi Squarotti e un’intervista all’Autore ad opera di Teodora Mastrototaro chiudono un volume che ha il sapore dell’occaso.
Italo Interesse
Pubblicato il 5 Aprile 2022