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La “battaglia” sul sito neolitico, un polverone solo per chi cerca notorietà e visibilità?

La “battaglia” per tentare di sottrarre all’edificazione un’area di presunto interesse archeologico nei pressi della Parrocchia “Stella Maris” di Palese potrebbe ben presto rivelarsi un polverone, sollevato per acquisire un po’di notorietà e gloria da parte di chi probabilmente ignora fatti e vicende giudiziarie, che in passato hanno interessato la zona di circa quattro ettari in cui è parte l’area ora oggetto di un progetto edificatorio non ancora cantierizzato. Infatti, la porzione di suolo in cui sono stati ritrovati alcuni reperti d’interesse archeologico risalenti all’era neolitica ad oggi non risulta essere sottoposta a tutela né diretta, né indiretta da parte della Sovrintendenza ai Beni archeologici ed ambientali, poiché l’unico sito su cui esiste un vincolo di tutela “diretta”, da parte del Ministero dei Beni culturali ed ambientali, è quello costiero della “Punta”. Ossia quella protuberanza di forma triangolare che dal Lungomare Noviello di Palese si estende nello specchio di mare compreso tra il lido “La Baia” ed Titolo. Quindi, sull’area interessata dal progetto di costruzione di alcune ville e nel cui sottosuolo si presume esistano importanti reperti d’interesse storico risulta esente da qualsiasi interdizione legittima all’edificabilità. Per la verità, nell’ottobre del 1996 la Sovrintendenza aveva bloccato l’edificabilità dell’intera area a monte della “Punta” con un vincolo “indiretto”, però quest’ultimo nel dicembre del 2005 fu dichiarato illegittimo da una sentenza del Tar-Puglia, per altro non appellata, e quindi passata ingiudicato, e scaturita a seguito di un ricorso di alcuni soggetti titolari di beni colpiti dal provvedimento ministeriale del 1996, tra cui figura anche la Parrocchia “Stella Maris” la cui area ricadeva nella zona interessata dal blocco. Ma entriamo nel dettaglio della vicenda giudiziale che, per circa un decennio, ha visto contrapposti da un lato il Ministero dei Beni culturali ed ambientali (che su indicazione della Sovrintendenza della Puglia, aveva emesso di decreto di vincolo “indiretto”), nella veste di convenuto, e dall’altro ben 7 privati, oltre all’ente ecclesiastico “Parrocchia Stella Maris”, in veste di attori, che per far annullare quel vincolo ricorsero al Tar-Puglia, perché ritenuto ormai tardivo ai fini della tutela, perché da anni ormai quasi tutta l’area risultava urbanizzata. Ed ecco i fatti. Nell’ottobre del 1996 il Direttore generale dell’Ufficio centrale del Ministero dei Beni culturali ed ambientali (Divisione IV ) faceva notificare, ai proprietari degli immobili ricadenti nell’area costiera adiacente al sito archeologico della “Punta”, il decreto ministeriale del precedente 21 agosto con cui si sottoponeva a “divieto di edificazione di fabbricati esistenti e divieto di installazione di impianti in genere, che comportino modifiche degli spazi verdi, dei giardini e delle aree incolte non edificate” della zona in questione, oltre alla relazione tecnico-scientifica, sulla base della quale il Sovrintendente per i Beni Archeologici della Puglia, con proposta del 18 dicembre 1995, aveva chiesto allo stesso Ministero l’emissione del menzionato decreto di vincolo. Avverso detto provvedimento impositivo ed atti connessi, i ricorrenti lamentavano molteplici censure di violazione di legge ed eccesso di potere da parte del Ministero in questione, che però resisteva in giudizio attraverso l’Avvocatura dello Stato adducendo una serie di motivazioni al riguardo ed, in primis, il fatto che il vincolo “indiretto” apposto su quell’area scaturiva a seguito di pregressa dichiarazione (giusto D.M. 9 agosto 1989) di interesse particolarmente importante ex lege 1089/39 degli immobili limitrofi all’area colpita da vincolo “diretto”, ovvero la “Punta”. I difensori dei ricorrenti, Eugenio Felice Lorusso e Vito Spano, di contro eccepivano per detto provvedimento di vincolo la violazione dell’art. 21 della L. 1089/39 da parte del Ministero ed eccesso di potere, per carenza di motivazione e di istruttoria, oltre a disparità di trattamento ed ingiustizia manifesta negli effetti che da tale vincolo sarebbero poi scaturiti. Il Tar (Tribunale amministrativo regionale) – Puglia, – come innanzi accennato – alla fine della causa accolse la richiesta dei ricorrenti, annullando il vincolo “indiretto” della Sovrintendenza sulla zona in questione, che da allora (ossia dalla fine del 2005) ha conservato il requisito di edificabilità secondo tipologia di zona ed indici previsti dal vigente Prg (Piano regolatore generale), redatto dal prof. Quaroni ed in vigore dal 1976. Per la cronaca, ricordiamo che i giudici del Tar Puglia accolsero il ricorso con la seguente motivazione: “In tema di imposizione di vincolo indiretto non è sufficiente delineare il rapporto funzionale con l’area oggetto di primaria tutela in termini generici ed astratti, ma occorre puntualmente evidenziare (sia pure con modalità non necessariamente analitiche) le concrete ragioni che asservono il territorio estraneo a quello in cui è

ubicato il bene protetto, risolvendosi altrimenti il vincolo indiretto in un potere discrezionale illimitato dell’amministrazione preposta alla tutela dei valori paesaggistici, con ingiustificato sacrificio del diritto di proprietà privata e del legittimo affidamento del suo titolare che un qualche ruolo nella valutazione che presiede alla scelta amministrativa deve pur giocarlo, non fosse altro perché lo impone il diritto comunitario (recepito, ma a titolo puramente ricognitivo, dal riformulato art. 1 L. 241/90 come principio guida e limite dell’azione amministrativa)”. Inoltre, rilevarono sempre in sentenza i giudici di piazza Massari, nel caso in questione non era stato indicato “come la delimitazione della fascia di rispetto potesse incidere, conservandola o amplificandola, sulla visibilità e godibilità del sito protetto”, ossia la “Punta”. “Circostanza – conclusero i giudici del Tar-Puglia – vieppiù abbisognevole di esplicita menzione, in considerazione della circostanza che trattasi di area urbanizzata”. E, quindi, accogliendo appieno la tesi dei legali, Lorusso e Spano, che avevano assistito contro il Ministero i proprietari degli immobili interessati la vincolo poi dichiarato illegittimo. In definitiva, a distanza di circa 12 anni da tale giudicato, ora c’è chi a Palese (forse per un eccesso di protagonismo personale o politico) vorrebbe che la Sovrintendenza ci riprovasse ad apporre nuovamente un vincolo su quella zona. “Ma per far cosa?”. “E, soprattutto, – si chiedono alcuni cittadini meno sprovveduti – per quale risultato?”.

Giuseppe Palella


Pubblicato il 28 Settembre 2017

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