Cultura e Spettacoli

La bomba la trapassò, eppure la nave…

Varato a Christania (oggi Oslo) nel 1924, il Bollsta (già ‘Octa’) ha fatto parte della marina mercantile norvegese fino al 1943, anno in cui la storia di questa piccola nave da carico (la sua stazza non arrivava a duemila tonnellate) conobbe una clamorosa svolta. Scampato alla requisizione nel 1941 quando la Norvegia si arrese ai nazisti – il quel momento la nave era in un porto neutrale – il Bollsta entrò a far parte della marina alleata. Dopo avere navigato nei tre oceani uscendo miracolosamente indenne da decine e decine di missioni svolte singolarmente o in convoglio, a ottobre del 1943 il Bollsta venne destinato al Mediterraneo. Il 16 ottobre la nave lasciò il porto tunisino di Biserta per approdare a Brindisi. Dopo essere stata ad Augusta, in Sicilia, ritornò in Puglia, questa volta a Taranto. Da quel momento non abbandonò più le acque pugliesi, spostandosi più volte fra Taranto, Brindisi, Bari e Barletta. Dopo una sosta di tre settimane in quest’ultimo porto, l’unità norvegese riprese il mare il 1° dicembre per tornare a Bari. Mal gliene incolse. La sera del 2 dicembre 1943, come è noto, il nostro porto fu sottoposto ad un devastante bombardamento ad opera della Lutfwaffe. Prima di patire la sua dose di bombe la nave fece fuoco con le mitragliere di bordo (si trattava di un mercantile armato o incrociatore ausiliario). Poi una bomba da cinquecento libbre la centrò. L’ordigno, caso fortunatissimo, non esplose, trapassandola dal ponte alla chiglia. Così, anziché uscire devastato dal tremendo impatto, considerati il modesto tonnellaggio e il potenziale detonante dell’ordigno, il Bollsta andò a fondo patendo ‘solo’ un grosso squarcio all’altezza della sala macchine (ma cinque dei trenta uomini dell’equipaggio persero la vita). Dato per spacciato, il Bollsta restò sott’acqua per ben cinque anni. Nel dopoguerra, finalmente, arrivò il momento di ripulire l’area portuale della carcasse. Facendo uso di cilindri di galleggiamento, quelle venti navi, una ad una, furono riportate a galla e sottoposte ad una perizia. Quelle irrecuperabili sarebbero state rimorchiate sino al più vicino cantiere di demolizione. Nessuno era disposto a scommettere una lira sul Bollsta. A cominciare dalla compagnia di bandiera, che si dichiarò non interessata perfino al ricavo del materiale ferroso. Questa indifferenza incoraggiò la compagnia genovese Fratelli Maggi, che volle investire sul relitto, rilevandolo a costo zero. L’investimento si rivelò vincente. Rimesso a galla, riparato alla men peggio e ribattezzato ‘Stefano M.’, l’ex Bollsta trovò subito un acquirente in un’altra compagnia genovese, la Italica Compagnia di Navigazione che rinominò la nave ‘Sabino’. Ennesimo passaggio di proprietà nel 1958 (nuovo proprietario: Nello Patella, un armatore di Venezia) e quarto battesimo. Rinominato ‘Coraggioso’, il mercantile navigò per altri undici anni, prima che nel 1969 venisse radiato e demolito. – Nell’immagine, il recupero della nave da battaglia Cavour, affondata nel 1945.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 10 Novembre 2021

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