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La campagna elettorale si sposta nelle aule di giustizia

Che ad ogni tornata elettorale possano verificarsi pratiche illecite di acquisizione del consenso non è sicuramente una novità. Non lo è stata in passato, non lo è per la campagna elettorale in corso. Anzi, questa volta sorge addirittura il sospetto che il fenomeno della “compravendita” di voti possa essere addirittura più diffuso delle altre volte perché, essendo diminuito il numero complessivo di posti da assegnare nell’Assemblea regionale da 70 a 50, il grado di competitività ed accanimento tra gli aspiranti consiglieri regionali è aumentato considerevolmente rispetto alle precedenti elezioni regionali, poiché risulterà più difficile centrare l’obiettivo. Infatti, una situazione analoga si è già verificata lo scorso anno alle amministrative baresi, quando taluni candidati, essendo i seggi a disposizione degli eletti diminuiti da 46 a 36, hanno verosimilmente utilizzato l’espediente dell’acquisizione dei consensi con l’utilizzo di rappresentati di lista remunerati e procacciatori di pacchetti di voti a pagamento, pur di vincere e conquistare quindi un seggio nell’Aula “Dalfino”. Nella campagna elettorale in corso a richiamare per primo l’attenzione delle Autorità competenti sull’increscioso, ma ormai consueto fenomeno del voto di scambio, è stato il ‘Movimento 5 Stelle’ che, come è noto, attraverso i suoi rappresentanti locali, in Puglia un mese fa si è fatto promotore dell’iniziativa “Voto libero”, allo scopo di sensibilizzare gli elettori a non farsi abbindolare dalle solite pratiche di richiesta di consensi in cambio di promesse o, peggio, di offerte in denaro, oltre che sollecitare le Autorità competenti a prevenire, o reprimere, tali illegali ed aberranti meccanismi elettorali. L’iniziativa promossa dal M5S, come si ricorderà, consiste nell’invitare gli elettori a segnalare in forma sia pur anonima, ma documentata, ad un apposito indirizzo di posta elettronica del Movimento penta stellato, gli eventuali ammiccamenti elettorali che hanno come fine l’accaparramento di voti di preferenza in cambio di ben predefinite contropartite in denaro o di altra natura (promesse di posti di lavoro, buoni benzina, ecc.) che, in campagna elettorale, sono un vera e propria attività di mercimonio del consenso. Ancora più recente della denuncia del M5S sull’esistenza massiccia in Puglia di pratiche di “voto di scambio” è la dichiarazione del coordinatore barese del partito “Fratelli d’Italia-An”, Filippo Melchiorre, che, durante una delle ultime conferenze stampa del suo partito, rivolgendosi alle Forze dell’Ordine le ha invitate a sorvegliare su come, in molti quartieri della città di Bari, viene esercitato il diritto di voto che “spesso – ha letteralmente sottolineato l’esponente del partito di Giorgia Meloni – viene comprato”. Infatti, aveva rilevato Melchiorre, il fenomeno di “compravendita” dei voti spiegherebbe anche il fatto che “persone che non hanno mai fatto politica si ritrovano ad avere 15mila voti”. E concludendo, lo stesso esponente di Fdi aveva auspicato che a Bari il capo di gabinetto del Prefetto, il Questore e le Forze dell’Ordine inviino persone in borghese nei comitati elettorali, perché scoprirebbero tante cose. Evidentemente ipotesi di reati connessi alle modalità di acquisizione dei consensi. E quest’ultimo tema è quello che si sta sviluppando nelle ultime ore intorno ad una presunta vicenda di procacciamento di voti di preferenza a pagamento, sorta a seguito di un servizio televisivo mandato in onda durante un Tg di una nota emittente televisiva locale. Infatti, il presunto scandalo sollevato dal servizio televisivo ha già generato un’indagine della Digos, ma anche un esposto per diffamazione da parte della candidata Pd al consiglio regionale, Anita Maurodinoia, titolare del comitato elettorale al quartiere Libertà di Bari oggetto del servizio giornalistico televisivo. Maurodinoia, come è noto, è consigliere comunale a Bari, eletta lo scorso anno nelle fila del centrodestra con la lista Schittulli e con oltre 3000 preferenze, poi passata sul fronte opposto ed ora a sostegno del candidato governatore di centrosinistra, Michele Emiliano. La vicenda che sta interessando Maurodinoia riguarda l’insinuazione dell’esistenza di un presunto tariffario per remunerare rappresentanti di lista e procacciatori di preferenze. Immediata la risposta con un esposto per diffamazione presentato dal suo mandatario elettorale, l’avvocato Vito Perrelli, che con una nota ha spiegato: “Il soggetto intervistato dal giornalista, dallo stesso qualificato come custode e/o addetto al reclutamento non ha alcun tipo di rapporto, men che meno fiduciario, incarico formale e/o mandato né con il sottoscritto né con il proprio mandante”. “Le diffamatorie dichiarazioni rese, manifestatamente influenzate dal tenore delle domande poste dal giornalista, assolutamente suggestive, nocive e già contenenti le risposte – ha sottolineato l’avvocato nelle sue dichiarazioni  – sono assolutamente prive di fondamento per non aver mai e con nessuno, il sottoscritto e/o la candidata Maurodinoia, stipulato accordi per la presunta compravendita di voti”. In definitiva, secondo il legale della candidata Pd, l’ipotesi di un presunto “voto di scambio” sarebbe frutto soltanto di una suggestione giornalistica generata dall’intervistatore ed autore del servizio televisivo. Ma se cosi fosse, sorgerebbe il paradossale sospetto che anche colui che presidiava il comitato della Maurodinoia e che ha anche rilasciato spiegazioni sulle modalità di reclutamento dei rappresentanti lista possa essere una casuale induzione giornalistica. Comunque si, non si sa ancora se la vicenda produrrà sviluppi giudiziari, ma è certo soltanto che la pratica è finita sui tavoli della Procura barese. Per intanto la campagna elettorale prosegue, sia pur tra le affermazioni di “sconcerto e smarrimento” del senatore pugliese di Sel, Dario Stefano, esponente di spicco della lista “Noi a sinistra” alleata di Emiliano, ma anche di quelle del segretario provinciale barese del Pd, Ubaldo Pagano, e di quello regionale, Emiliano per l’appunto, che, essendo probabilmente pronti a giurare sulla completa estraneità del loro partito ai fatti ipotizzati nel servizio televisivo, hanno tra l’altro subito dichiarato: “I rappresentanti di lista del Pd vengono individuati esclusivamente dalla segreteria provinciale del partito, tra i suoi militanti e senza alcun rimborso spese, e non dai singoli candidati al consiglio regionale”. E’così davvero? In verità, a sentire i semplici commenti di alcuni cittadini, pare che siano davvero in pochi a crederci, financo tra i comuni elettori.              

 

Giuseppe Palella


Pubblicato il 22 Maggio 2015

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