Cultura e Spettacoli

La casa dell’arte infonde… Speranza

Francesco Speranza (1902 – 1984) è stato uno dei maggiori pittori pugliesi. A lungo ha vissuto in una palazzina di Corte Romanelli nel borgo antico di Bitonto, di cui era nativo. Ora quel vecchio fabbricato, rimasto per anni inutilizzato, sta per evolvere in ‘casa dell’arte’. Si chiama Domus Artis (ma più di qualcuno chiede che quelle due parole vengano seguite da ‘Speranza’) un progetto volto a dare spazio – persino abitativo – ai creativi versati nelle arti grafiche, pittoriche e plastiche che non trovino posto nel grande circuito espositivo. Il progetto dovrebbe vedere la luce entro Natale ; intanto proseguono i lavori di restauro. Fortemente voluta anche da Franco Sannicandro, affermato pittore e scultore nostrano, la Domus Artis di evolvere persino in Pinacoteca attraverso donazioni degli artisti ospitati ; e già il primo (ristrutturato) piano dell’edificio ospita alcune cose, tra cui un paio d’installazioni di Franco Sannicandro. Domus Artis si differenzia da progetti similari per il fatto d’essere privata la proprietà dell’immobile di Corte Romanelli. In genere pinacoteche e spazi espositivi aperti a tutti (non stiamo parlando di gallerie) appartengono a Enti pubblici, il che ne rende difficoltosa, se non improduttiva, la gestione. Se un privato ha avvertito la sensibilità di non snaturare (in un B&B, per esempio) la dimora di un artista entrato nella storia, scegliendo di mantenere quella che con qualche libertà potremmo definire l’originale destinazione d’uso, è segno che – a Bitonto come altrove – il futuro dell’arte è in quella formula mista in cui l’intervento pubblico si coniuga con quello del neo-mecenate. Abbiamo tutti le tasche piene del sistema antico, quell’ordine di cose dove la promozione dell’arte vede protagoniste Istituzioni lente e senza passione, non sempre competenti o lungimiranti, talora furbe. Piaccia o no, lo sponsor come pure il privato in cerca di un’onesta  vetrina, possono fare da stimolo ad Assessorati impigriti e (più o meno giustamente) lagnosi, a volte costretti dalle contingenze a rimangiarsi promesse, ad alimentare false speranze. Il sistema ‘misto’ ci pare preferibile al ritorno al mecenatismo puro, che se nel Rinascimento ha prodotto capolavori inarrivabili (non tutti si chiamano Medici), oggi spalancherebbe la strada ad un’arte ruffiana, strumentale all’interesse di mitomani, arrampicatori sociali e faccendieri. Malgrado precedenti ingloriosi, la ‘mano’ pubblica non deve scomparire. C’è bisogno di continuare a percepire attraverso lo Stato o le Istituzioni locali la presenza di quel prossimo che tanto spesso si accusa dimenticando di farne parte.

 

Italo Interesse


Pubblicato il 11 Settembre 2012

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