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La “casta” pugliese di via Gentile pronta a darsi il Tfm sotto altre mentite spoglie

A breve una richiesta, al governo Meloni e al Parlamento, di slittamento della scadenza naturale della legislatura in corso alla primavera del 2026, in modo da recuperare altri 6 o 7 stipendi in più

Questa volta il tentativo dei consiglieri regionali pugliesi di darsi un Tfm, ossia il Trattamento di fine mandato, potrebbe essere effettuato sotto mentite spoglie. Infatti, le cinque mensilità da attribuire ai 51 esponenti del Consiglio regionale pugliese come trattamento di fine mandato ed a cui i componenti dell’Aula barese di via Gentile ambiscono senza successo dal 2021, per la forte avversione al ripristino di questa guarentigia da parte dell’Opinione Pubblica pugliese (sindacati, organizzazioni datoriali, mondo culturale ed associativo, etc.), oltre che delle segreterie nazionali dei maggiori partiti, potrebbero essere recuperate anche con una maggiorazione di una o due mensilità in più, se la scadenza naturale della legislatura slittasse alla primavera del 2026, in modo da assicurare ai consiglieri uscenti sei o sette stipendi in più del previsto. A presentare ufficialmente alla maggioranza la proposta di slittamento della scadenza della legislatura regionale sarà, subito dopo le festività Pasquali, il capogruppo di “Azione”, Ruggero Mennea, che, su imbeccata di diversi colleghi consiglieri, si farà promotore dell’iniziativa legislativa per chiedere il rinvio in via eccezionale delle elezioni di autunno alla primavera del  2026, al fine di poter effettuare un “election day” con l’accorpamento delle regionali con il turno delle amministrative e motivato dal risparmio di circa 15 milioni di euro che si otterrebbe unendo in un’unica tornata entrambe le competizioni. Però, tecnicamente le Regioni non hanno titolo per modificare la durata della loro legislatura e, quindi, di allungare la scadenza naturale di essa, in quanto la competenza ad esse riservata dalla legge nazionale si limitata alla possibilità di stabilire che le elezioni si svolgono o un mese prima della scadenza naturale – in questo caso fissata al 20 settembre 2025 – o entro i due mesi successivi ad essa. Quindi, il provvedimento che la Regione Puglia potrebbe varare al riguardo comunque avrebbe il valore di richiesta, al Governo nazionale ed al Parlamento, a differire le prossime elezioni regionali dalla finestra autunnale del 2025 a quella della primavera del 2026. Ed a far sperare i proponenti che tale richiesta possa essere accolta dal Governo centrale è verosimilmente la presunta “faida” politica che potrebbe innescarsi su questo tema all’interno del governo Meloni, dove il partito di Matteo Salvini è sicuramente interessato a spingere per il rinvio delle regionali alla primavera del 2026, al fine di consentire al Presidente leghista del Veneto, Luca Zaia (che – come è noto – al pari del pugliese Michele Emiliano e del campano Vincenzo De Luca, non si può più ricandidare) di poter sovraintendere alle Olimpiadi invernali in programma a fine anno in detta regione. Mentre il partito della Premier pur avendo in Veneto un interesse contrario, poiché rivendica un’alternanza di partito nella guida della coalizione di centrodestra in quella regione, potrebbe tuttavia essere costretto ad accettare il differimento del voto, per rinviare anche lo scontro interno che si profilerebbe sul prossimo candidato presidente di centrodestra in Veneto. Pertanto, se Palazzo Chigi dovesse dire “sì” a spostare le regionali in Veneto, difficilmente potrebbe negare lo stesso trattamento alla Puglia. Ed anche se – secondo alcuni esperti – la nuova finestra elettorale sarebbe applicabile solo dalla legislatura successiva e non per quella che sta per concludersi, molti non disperano che anche questo eventuale ostacolo possa essere superato in via eccezionale dalla legge nazionale di proroga di sei mesi della legislatura regionale in corso. Infatti, alla Regione Puglia la proposta di allungamento della legislatura, che il consigliere Mennea si appresta a presentare e da inviare al governo Meloni in caso di accoglimento da parte dell’Assemblea, ha già fatto proseliti non solo nelle fila della maggioranza, ma anche in buona parte delle opposizioni dove, tranne il Gruppo di “Fratelli d’Italia” (almeno formalmente!)  per il motivo innanzi accennato, da Forza Italia alla Lega ed il consigliere Scalera de “La Puglia domani” sono tutti già pronti a sostenerla apertamente in Consiglio. Quindi, in caso di approvazione, il pressing a Roma sul Governo andrebbero non solo i rappresentanti del “Carroccio” pugliese, ma anche i forzisti. Mentre a premere in Parlamento, affinchè anche il partito di Elly Schlein e le altre forse del centrosinistra sostengano il rinvio delle regionali al 2026, ci penserebbe la maggioranza che sostiene il governatore pugliese, Emiliano. Quindi, l’interesse a sostenere l’allungamento della legislatura regionale in via Gentile è sicuramente  ampio e reciproco, non soltanto perché per i consiglieri uscenti significa recuperare sei o sette mesi in più di stipendio, che significherebbe conseguire complessivamente una cifra pari al Tfm che finora non sono riusciti a reintrodursi, ma anche perchè in ballo ci sarebbe la possibilità di un significativo guadagno di tempo, per tentare di scongiurare il taglio di 10 seggi, da 50 a 40, per il calo della popolazione verificatosi in Puglia e che difficilmente potrebbe essere evitato, se le elezioni si svolgessero alla scadenza naturale della legislatura in corso. L’unico che invece che avrebbe di che preoccuparsi, in caso di slittamento del voto delle regionali al 2026, sarebbe sicuramente il candidato presidente in pectore del centrosinistra pugliese, ossia l’eurodeputato Antonio Decaro (Pd), che, avendo già messo in moto da tempo la sua macchina elettorale, potrebbe rischiare di arrivare alla primavera del 2026 con il fiato corto, al netto di possibili altre sorprese.

 

Giuseppe Palella


Pubblicato il 18 Aprile 2025

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