Cultura e Spettacoli

La chiesa dei banchi rocciosi

L’abbazia, la cui organizzazione era paragonabile a quella di una curtis medievale, raggiunse una tale opulenza da fare gola alla Curia di Bari. Da ciò una serie di attriti che si risolsero solo nel 1295 con una bolla di papa Bonifacio VIII in cui si decretava l’annessione del monastero alla basilica nicolaianaAl culto d’Ognissanti sono dedicate alcune chiese. In Italia sono nove, due delle quali trovano posto in Puglia, una a Trani, l’altra a Valenzano. Occupiamoci di quest’ultima, che sorge sulla Provinciale Valenzano-Capurso. La chiesa di Ognissanti di Cuti è uno dei pochi esempi di architettura romanica pugliese pervenuta quasi intatta. Si distingue per la presenza sulla copertura di tre cupole in asse in corrispondenza della navata centrale realizzate alla stessa maniera dei trulli. Questa chiesa è conosciuta come ‘Chiesa di Ognissanti di Cuti’. Cosa corrisponde a quel ‘Cuti’? Nessun personaggio storico o religioso corrisponde a questo nome. Né ci è d’ausilio sapere che Cuti è il nome di un rione di Rogliano, un piccolo comune del cosentino. Esiste però in Sicilia San Giovanni Li Cuti, borgata marinara di Catania. In siciliano si utilizza il termine “li cuti” per indicare i banchi rocciosi levigati dall’azione del mare (in latino ‘cautes’ vuol dire scoglio). La chiesa di Valenzano risale all’XI secolo. In mille anni la mano dell’uomo può aver reso irriconoscibile l’aspetto originale di un sito forse caratterizzato da vasti affioramenti rocciosi singolarmente lisci (perciò idoneo all’edificazione di un fabbricato imponente). Quel toponimo, dunque, potrebbe essere stato assegnato al sito da qualche nuovo proprietario originario della Sicilia. La chiesa di Ognissanti di Cuti è quanto resta di un complesso benedettino eretto nell’XI secolo. Esso comprendeva oltre alla chiesa, diversi edifici monastici, una cisterna, un trappeto e campi coltivati (di questi elementi oggi non rimane nulla poiché quando nel XVII secolo il complesso benedettino cadde in disuso le costruzioni annesse alla chiesa furono smantellate e i materiali reimpiegati per costruire nella vicina Capurso la Reale Basilica Pontificia Minore dedicata alla Madonna del Pozzo e il monastero ad essa annesso). L’abbazia, la cui organizzazione era paragonabile a quella di una curtis medievale, raggiunse una tale opulenza da fare gola alla Curia di Bari. Da ciò una serie di attriti che si risolsero solo nel 1295 con una bolla di papa Bonifacio VIII in cui si decretava l’annessione del monastero alla basilica nicolaiana. Messe le mani su quel patrimonio, la Curia barese promosse l’istituzione di una fiera agricola nel territorio monastico dell’abbazia. La fiera di Tutti i Santi divenne presto meta di mercanti provenienti dalla Terra d’Otranto, dalla Basilicata e dalla Capitanata. La grande esposizione finì poi col diventare oggetto di contesa fra il Capitolo di San Nicola e l’amministrazione locale di Valenzano, la quale, non detenendo la proprietà dell’Abbazia, non poteva usufruire dei ricavi della fiera. La diatriba si esaurì alla fine del Settecento in coincidenza col calo di popolarità dell’abbazia, che poco a poco venne abbandonata. A ciò fece seguito come già detto la demolizione del complesso benedettino. Trasferita la fiera a Valenzano nel 1811, la chiesa venne chiusa e abbandonata. Solo di recente è stata riaperta al pubblico nei giorni festivi ; attualmente è sede di iniziative culturali e persino sportive fra primavera e estate.

 

Italo Interesse

 

 

 


Pubblicato il 3 Novembre 2022

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