Cultura e Spettacoli

La città e i suoi rumori fatti di silenzio

<<Abbiamo bisogno di una distanza tra noi e l’altro, quasi per guardarci dall’esterno >> affermava Barthes parlando di Alterità. Quindi che cos’è un incontro? Che valore ha? E se ci mettessimo di mezzo la fotografia  come forma d’arte? Per il filosofo e per l’artista è un momento trasformativo, rappresenta un tempo dinamico, un movimento verso un qualcosa di indefinito ma che sappiamo ci porterà a qualcosa. È il tempo dell’incontro. Un incontro tra l’artista e l’oggetto della propria ispirazione, tra la propria opera e il pubblico che, ci lascia intendere Barthes, è apertura di possibilità altre, occasione di significazioni nuove, ampliamento di reciproche prospettive, opportunità di dialogo, è vagare esplorando significati e sensi nuovi. Ma come direbbe anche Eco, noi ci formiamo essenzialmente su‘ scarti di saggezza’, ed è questo forse il senso della delicata ma nello stesso tempo graffiante poetica del fotografo Alessandro Cirillo, che cerca di trovare un proprio percorso tra scorci inusitati di spazi urbani privi di una prospettiva stereotipata, affermando dall’ibrida e metallica luce di un video in bianco e nero, che la fotografia oggi può ancora rivelarci spazi interstiziali della realtà su cui riflettere e indagare. Quindi assistiamo felicemente spaesati allo spettacolo di squarci di cielo che chiedono aria e spazio tra angoli scomposti di palazzi ed edifici, a inaspettati sipari urbani che nell’atto di rivelarci segreti nascosti, assumono forme atipiche, così come la stessa figura umana dei ritratti dell’artista, che viene continuamente scomposta, strappata, annebbiata o atteggiata a ‘personam tragicam’, privandola di possibili banalità e arricchendola di significati sempre nuovi. In esposizione presso lo spazio Archimake in via Nicolai a Bari fino al 20 Dicembre, con la mostra fotografica Multiplicity, a cura di Tita Tumillo, troviamo le opere (foto e video) dell’artista pugliese.

Quanto materie come la semiotica e la filosofia del linguaggio hanno influenzato la sua fotografia? 

“Direi parecchio, tutto quanto alla fine è segno, che pertanto può essere legato a una interpretazione di qualche tipo e ad un legame di connessione con un qualsiasi altro elemento. Anche la fotografia digitale è comunque traccia di un qualcosa, e la fotografia di per sé si pone come segno. Ho studiato architettura ma fondamentalmente ho scelto la fotografia come mia modalità di espressione privilegiata, fin da bambino ero affascinato dalle immagini. La fotografia mi sembrava un modo molto immediato di approcciarmi al mondo, per me le appartiene la capacità di creare una dimensione di ascolto. Favorisce il silenzio e ti pone nella condizione di lasciarti toccare dalla realtà.”

Ma questo non è anche un modo per proteggersi? 

“Sicuramente sì, potrebbe esserlo, ma è anche un’arma: Susan Sontag diceva che la fotografia e come un fucile, non a caso gli americani dicono ‘ to shot’ riferendosi all’atto di scattare una foto. Lo stesso verbo che indica l’atto di sparare.”

In quale occasione la fotografia è stata per lei un’arma nella vita? 

“In realtà mi sono sempre sottratto a questa fase per così dire predatoria della fotografia.  Sono molto interessato alla città come luogo di interazioni e a luoghi per così dire più asettici, che lasciano spazio a intuizione e immaginazione, ma questo è un approdo del mio modo di fotografare più maturo rispetto ai miei esordi. Mi piace l’energia delle città ma anche stare negli spazi aperti. Fondamentalmente ho bisogno dei rumori cittadini, dell’asfalto, dei clacson delle automobili, del vociare delle persone, di tutto quell’ insieme di caratteristiche legate al vivere la città. È una forma di energia continua e senza fine nel suo fluire interrotto che mi affascina.”

Non è un po’ un controsenso rispetto al discorso sul silenzio che mi ha fatto prima?

“Forse lo è, ma la cosa interessante è che comunque la fotografia ti porta ad una dimensione di silenzio e di ascolto all’interno di contesti in cui non vi è mai una totale immobilità o cessazione di attività. Perché ti sottrae a tutto quel rumore dandoti quel momento di riflessione necessario.”

Fra tutte le città che ha fotografato a quale è più affezionato?

“Sono innamorato di San Pietroburgo per esempio, poi di recente sono stato a Parigi, ma tendo comunque ad innamorarmi di tutti i posti che vedo, anche paesini sperduti nel nulla. Amo l’atmosfera del luogo e questo mi accade anche quando leggo: preferisco libri in cui vi è una buona descrizione dei luoghi. Mi piace immergermi nel luogo prima di tutto, ecco.”

Quando scatta il momento magico in cui riesce a perdersi? 

In realtà quando riesco a creare dentro di me quella condizione di silenzio necessaria. Il miracolo succede nel momento in cui riesci a far tacere tutte quelle voci disturbanti e problematiche e avverti che il mondo ti viene incontro. Ti lasci attraversare dalla realtà circostante e dai messaggi che sceglie di inviarti. Ci sono luoghi che chiedono di essere fotografati. Una sorta di sintonia che si traduce in fotografia.”

Noto una dimensione teatrale in alcune sue opere o mi sbaglio?

“Mi piace senz’altro l’idea che vi sia un luogo deputato a un qualcosa di sconosciuto che deve accadere. Amo il teatro. Ho sempre visto questo spazio scenico come una magia. Sono stato sempre attratto dalla fotografia un po’ sporca, i miei modelli Robert Frank, Gabriele Basilico, Guido Guidi, Bacon, Hopper, non disdegnando la classicità, mi piace sperimentare sulla scia del ‘ Me may be’, giocare con la mia immagine ricercando aspetti di me che non conosco e che tento di tirar fuori prendendone coscienza, rendendo l’esperienza conoscitiva di chi guarda sempre nuova.”

Mettiamo che io in questo momento rappresenti l’alterità sconosciuta, a quale delle opere presenti mi assocerebbe?  

“Considerando che sto parlando con una sconosciuta e che ci troviamo in un contesto in cui è d’obbligo la mascherina, direi forse a quest’amica opera in cui si vede l’immagine frontale a colori di una persona squarciata da strappi di tasselli mancanti e senza volto. Il Minotauro”.

Rossella Cea


Pubblicato il 7 Settembre 2021

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