Cultura e Spettacoli

La coscienza voltata come un guanto

In un presente vago e fortemente segregazionista un ragazzo di colore, braccato da bianchi a torto assetati di vendetta, cerca rifugio presso Lizzie. Non è il migliore dei rifugi quello che ha scelto dal momento che pure la povera ragazza, per quanto bianca, se la vede male quanto a inclusione sociale (fa la vita ed è pure straniera…). Lizzie farà del suo meglio per salvare l’innocente, ma nella condizione in cui è può dirsi fortunata se il Potere le concederà di proseguire col mestiere. Costretta a farsi ‘collaborazionista’, spalanca la strada all’Ingiustizia… ‘Caccia al negro’, un lavoro di Onirica teatrale per la regia di Vito Latorre, è in cartellone al Duse, dove resterà sino al 25 di questo mese. Un lavoro essenziale, privo di orpelli, che prende subito e punta dritto al cuore del problema. Un lavoro meritatamente applaudito. Costruito con originalità intorno ad un gravissimo fatto di cronaca occorso nel 1938 nel Midwest degli USA, ‘Caccia al Negro’ affida i momenti più delicati ad un commento sonoro eseguito a vista: Una chitarra reitera periodicamente un unico, elementare motivo, mentre una percussione scandisce tempi ora rarefatti, ora convulsi. La scena, scarna, si riduce ad un cubo che fa da nascondiglio al ricercato. Intorno a questo beffardo piedistallo – che dà pure di ghetto – si muove un valzer stanco di figure odiose: Un tronfio senatore, il suo vile figliolo e un’altra grigia figura in armi. Sono i rappresentanti del potere, i capofila del pensiero di maggioranza, questo pensiero senza età, omologato e ipocrita, pavido ed egoista, malvagio e minuscolo. Imprigionata tra due fuochi, Lizzie, l’unico personaggio cui la storia offra una chance di redenzione, sciupa la grande occasione optando, seppure obtorto collo, per il male minore. Un testo amaro, che sembra spingere lo sguardo in avanti con la stessa desolazione con cui si guarda attorno e si guarda alle spalle. In effetti è possibile estirpare dall’animo dell’uomo (salvo rivoltarlo come un guanto) il limite più antico, ovvero il rifiuto del diverso? L’unico rimedio, come l’agricoltura insegna a fare con l’erba cattiva, è intervenire ogni qual volta si manifestano segni d’intolleranza, e non solo legata al colore della pelle. E poiché i tempi che siamo costretti a vivere sono quelli che sono, ‘ogni qual volta’ vuol dire tenere alta la guardia e intervenire tutti i giorni (anche ricordando la Shoah, lo sterminio degli Armeni, dei Pellerossa, degli Indios dell’Amazzonia… con buona pace di tutti gli altri ‘esclusi’ perseguitati su cui la Storia tace). Tanto rende ‘giusto’ uno spettacolo come ‘Caccia al Negro’. Con lo stesso bravo Latorre sono in scena i validi Gabriella Altomare, Davide De Marco, Francesco Lamacchia e Antonio Repole (costumi di Rossella Ramunni).

Italo Interesse

 

 

 


Pubblicato il 15 Gennaio 2019

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