Cronaca

La Costra-Concordia a Taranto,una follia

Si sgomita intono al relitto della Costa-Concordia intanto che storcono il naso a Piombino, il porto più deputato alla rottamazione del gigante per essere quello meno lontano da Isola del Giglio. A Isola d’Elba quell’assai poco edificante spettacolo non lo vogliono. Giustamente. Per almeno due anni offenderebbe il loro paesaggio. E poi, considerando l’alta quantità di materiale inquinante a bordo del relitto e la necessità di attenersi a una normativa ambientale piuttosto severa, ci sarebbe da adeguare il porto di Piombino. Ma dove andare a trovare i circa 150 mln di euro necessari? Se dovesse venir meno l’opzione toscana o quella turca (Smirne), altri quattro porti si sono candidati da tempo : Castellamare di Stabia, Palermo, Gioia Tauro e Civitavecchia. Ma ecco che con tempismo da last minute irrompe in graduatoria anche la Puglia. Vendola ‘offre’ Taranto… Per capire questa smania di portarsi a casa il catorcio più famoso del mondo bisogna considerare che il suo smantellamento richiede grosso modo l’impiego di un trecento operai per due anni. E trecento posti di lavoro con questi chiari di luna sono una ricchezza per un popolo di cassintegrati, esodati e inoccupati (e per chi, sopratutto, dovrà gestire il relativo traffico d’assunzioni). Ad accendere gli appetiti dei concorrenti, poi, concorre la prospettiva del ritorno mediatico. Se per esempio dovesse essere assegnata a Civitavecchia, la Costa-Concordia, non smettendo di fare notizia, accenderebbe i riflettori su quella città. Della quale attenzione i suoi amministratori-imprenditori saprebbero approfittare per trovare il modo di far di nuovo girare denaro. Sa il Cielo quel che pensano di ricavare a Gioia Tauro, Palermo e Castellamare di Stabia. E a Taranto? Hanno fatto tanto i tarantini per candidare la loro città a Capitale Europea della Cultura per il 2019 e adesso vogliono mettersi in casa quell’obbrobrio che tra l’altro sul piano ambientale è quanto di meno indicato per uno dei centri abitati più inquinati del mondo. Se a Taranto, il cui centro storico cade a pezzi, davvero si ambisce a vincere la concorrenza di Matera e Lecce (le altre città italiane in lizza) e si crede con questa trovate di spuntarla, ebbene, sono fuori strada. In un caso come questo il ritorno mediatico può avere un effetto boomerang rovinoso. Si scelga allora fra una soluzione tampone del problema occupazionale conseguente al disastro Ilva e la ben più succosa e neanche troppo lontana ricaduta d’immagine che verrebbe dal fregiarsi del titolo di Capitale Europea della Cultura. Taranto ne ha abbastanza di rottami di cui sbarazzarsi. Vendola dovrebbe saperlo.

Italo Interesse


Pubblicato il 21 Febbraio 2014

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