Cultura e Spettacoli

La Curciola al vertice del triangolo d’amore

Intorno agli uomini passati alla storia si muove un sottobosco di mezze tacche e figure comuni. Ad esempio, chi fu Antonia Zaccaria? Non si sa molto di questa donna, nata probabilmente a Grottaglie nella seconda metà del Settecento e che fu il motivo scatenante della deriva di Ciro Annicchiarico, in origine stimato sacerdote e maestro di canto gregoriano sia pure col vizietto delle donne e, successivamente, efferato brigante (prima che venisse fucilato – cosa avvenuta a Francavilla Fontana l’8 febbraio 1818 – Papa Ciro, questo il suo nome di battaglia, confessò di essere stato l’autore materiale di ben settanta omicidi). Il poco che si sa di questa popolana, detta ‘la Curciola’ è che all’epoca del fattaccio di cui diremo aveva 26 anni, era vedova e madre di due figli. Doveva essere  una bella donna, ma scaltra e intrigante, una di quelle tipe insidiose che se la spassano a portare in canzone più uomini contemporaneamente invece che dagli stessi farsi spegnere le foie. A contendersela erano in due, l’Annicchiarico, e un altro sacerdote del posto, Giuseppe Motolese (povera Chiesa, quali brutti ministri). Fra i due, terzo incomodo, s’inseriva un terzo contendente, Giuseppe Maggiulli, giovane rampollo della più potente famiglia del paese. E veniamo al fattaccio. Quando il 16 luglio 1830 nel corso di una processione il Motolese venne mortalmente accoltellato sotto l’arco della Madonna del Lume da uno sconosciuto incappucciato, le accuse conversero facilmente su Don Ciro, che alcuni giorni prima nella sagrestia della Chiesa Matrice sarebbe arrivato alle mani col rivale se altri rappresentanti del clero non fossero intervenuti a dividerli. Il futuro papa Ciro proclamò risolutamente la propria innocenza davanti ai giudici (degno di nota è il fatto che quando nell’imminenza della fucilazione confessò i suoi settanta delitti, l’ex sacerdote ci tenne ancora a ribadire la sua estraneità all’omicidio). Il Tribunale di Lecce non volle credergli e lo condannò a quindici anni di carcere insieme alla Zaccaria “per colpa e causa di tale omicidio”. La motivazione della sentenza fa pensare ad una Curciola complice o istigatrice. La sua esemplare condanna conferma una cosa : il triangolo d’amore di cui ella era al vertice era cosa di dominio pubblico. Questa ‘pubblica e scandalosa condotta’, per dirla con lo stile del tempo, dovette nuocerle. Ma forse anche la Zaccaria era estranea a quel delitto. A differenza di Don Ciro, che dandosi alla macchia dopo essere fuggito dal carcere sarebbe divenuto il celebre e temutissimo Papa Ciro, della Curciola si ignora la fine. Morì in carcere, si chiuse in convento una volta scontata la pena? Non si sa. Non si sa nemmeno chi fu l’autore materiale della morte del Motolese. Nessuno sospettò del Maggiulli, che godeva di potenti protezioni (suo zio era Don Pier Felice, arciprete di Grottaglie, mentre tra gli amici di famiglia rientrava il notaio Lacava, altro fiero avversario politico degli Annicchiarico). Andato via da Grottaglie all’indomani dell’omicidio (un coincidenza sospetta), il Maggiulli non vi fece più ritorno. Dopo il conseguimento della laura in medicina, si stabilì definitivamente a Francavilla Fontana, dove esercitò la professione. Lì, molto verosimilmente, assistette l’8 febbraio 1818 all’esecuzione di Papa Ciro. – Nell’immagine, un ritratto di Maria Grazia Boni, celebre modella del primo Ottocento.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 16 Dicembre 2017

Articoli Correlati

Pulsante per tornare all'inizio