Cultura e Spettacoli

La Fille du Régiment, l’interessante scenario innovativo di Barbe & Doucet

In scena al Teatro Petruzzelli fino al 14 novembre

Quando Jules Henry Vernoy de Saint Georges e Jean Francois Alfred Bayard, due fra i più noti collaboratori di Eugène Scribe prepararono il libretto de la Fille du Régiment, che Donizetti avrebbe poi messo in musica, attinsero sicuramente a un testo teatrale o letterario precedente, da una fonte all’epoca non nota, ma che sicuramente godeva di ampia diffusione nella Francia del primo Ottocento: la figura della vivandiera del reggimento era ben presente nell’immaginario popolare collettivo, tanto che il soggetto ancora negli anni trenta doveva richiamare una realtà nella quale per i francesi non era difficile identificarsi. La storia dell’infante abbandonata raccolta sul campo di battaglia e allevata dai soldati, che ne diventa la vivandiera, e poi la scoperta delle sue nobili origini, i richiami militari, il gergo popolare e le colorite imprecazioni soldatesche, tutti ingredienti che fanno parte di una tradizione preesistente. Anche la caratterizzazione dei personaggi si basava su caratteristiche non estranee al sentire comune. Ma nell’opera del Donizetti la protagonista non è semplicemente una figurina da rappresentazione, ma un personaggio ben definito, dotato di una psicologia sfaccettata, con una sua evoluzione interiore. Dietro l’apparenza di una storia brillante e un po’ ingenua si celano molti elementi legati a vicende sociali e politiche francesi. Il senso di questa complessità psicologica viene ripreso oggi dalla versione interessante dei due registi Barbe & Doucet, in scena al Petruzzelli fino al 14 novembre. La vicenda della trovatella di nobili origini che sfugge a un infelice matrimonio combinato tocca un tasto che doveva essere particolarmente sentito all’epoca, risvegliato in quegli anni. Ma ciò che è più importante è che nell’ idea dei due registi quest’opera si trasforma candidamente e nella maniera più spontanea possibile, in una rivalutazione del valore della memoria che fa riflettere attraverso scene e richiami commoventi. I richiami della memoria, così importanti per le persone anziane che hanno vissuto la guerra davvero, svolgono un ruolo fondamentale. Geniale l’idea di abbinare proiezioni filmiche e ingigantire alcuni elementi della scenografia: scatole di medicinali, statuette sacre e lumi, che hanno l’effetto di creare una prospettiva straniante rispetto al paesaggio, trasmettendo al pubblico il senso della storia proprio come viene vissuta da chi l’ha attraversata emotivamente. Nel secondo atto la Duchessa, Natasha Petrinsky, intona con disinvoltura la canzone scritta nel Novecento per Tito Schipa Vivere senza malinconia, conferendo notevole ritmo alla scena, anche per la presenza di uno strumento che rappresenta un’innovazione in questa rivisitazione moderna, la fisarmonica suonata dal maestro Francesco Palazzo. Un espediente del tutto nuovo, che suscita grande presa sul pubblico, scelto dai registi per vivacizzare il concetto espresso legato alla valenza del ricordo di un’epoca vissuta anche attraverso le canzoni in voga del tempo. Tra i tanti protagonisti, ad interpretare magistralmente il personaggio di Marie, Giuliana Gianfaldoni, soprano originaria di Taranto dalla luminosa carriera internazionale. Se si guarda la partitura, ci si rende conto che è focalizzata sulla memoria, parla di ricordi. Come, ad esempio, quelli del capitano Robert per la Marquise, l’uomo che lei ama e dal quale ha avuto una bambina. Oppure, nel Primo atto, i ricordi di Marie del tempo in cui viveva nel Reggimento, oppure ancora i ricordi di Tonio. I due registi hanno deciso di lavorare molto su questo sentimento che tutto collega. Ma La Fille è una commedia, non una tragedia, si parla certo di guerra, di conflitto, ma in uno stile divertente. I ricordi hanno la tendenza a rendere le cose più leggere, perché spesso si tende a cancellare i pensieri negativi e conservare quelli positivi. Nel complesso una versione articolata e interessante dal punto di vista emotivo, già accolta con grande entusiasmo in questa versione presentata per la prima volta alla Fenice di Venezia due anni fa.

Rossella Cea


Pubblicato il 12 Novembre 2024

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