Cultura e Spettacoli

La frisella, il culto e la storia

Al nord Italia e persino all’estero non è raro trovare negli ipermercati confezioni di frise pugliesi. Ma che prezzi. Da cibo dei poveri a cibo d’élite, almeno al di fuori dei confini regionali. Paradossi del tempo. Tecnicamente la frisa (di grano duro o d’orzo) è un biscotto, nel senso che è cotta due volte. Parliamo infatti di un tarallo lavorato a mano che, cotto una prima volta al forno,viene tagliato a metà in senso orizzontale e rimesso in forno. La doppia operazione consente alla frisa di presentare una faccia compatta ed una porosa, quest’ultima è funzionale alla ‘sponsatura’, il bagno d’acqua. Affermano i cultori che la frisa non va immersa nell’acqua e che, invece, l’acqua (la quale deve essere a temperatura ambiente) va versata lentamente sul lato poroso, avendo cura che i bordi del tarallo restino asciutti per preservarne il sapore croccante. Le origini della frisa sono antichissime. Per la capacità che possiede di conservarsi a lungo, la frisa sostituiva il pane fresco. I lavoratori della  campagna, i viaggiatori, i soldati e i marinai ne facevano largo uso. Chi poteva, arricchiva la frisa bagnandola con acqua di mare ; chi si trovava lontano dal mare ricorreva a sapori aggiuntivi come peperoncino, aglio o cipolla (ancora alimenti che potevano essere facilmente conservati). Attualmente c’è molta libertà nel condimento della frisa. Fermo restando che non si può parlare di frisa senza un filo d’olio extravergine, un pizzico di sale e pomodoro rosso (i migliori di tutti sono quei pomodori che si conservano appesi ; ma c’è chi tra l’indignazione dei buongustai ricorre alla passata), oggi si arricchiscono le frise con tonno, origano, alici, scaglie di mozzarella, carciofini, lampascioni… La frisa, come ogni tarallo che si rispetti, presenta una non casuale fessura al centro, che in passato rispondeva a esigenze di trasporto e conservazione. Le frise erano inanellate da una cordicella i cui terminali venivano annodati ; appendendole, era più facile trasportarle e conservarle (in casa, prima dell’avvento dei contenitori di plastica, le frise si stivavano in orci di creta). Oggi molte frise si presentano prive di fessura. Ma non è questa la storia della ciambella che non sempre riesce col buco, dal momento che la frisa non è lavorata industrialmente.  L’assenza del buco è un altro segno dei tempi: frise già pensate per non essere inanellate vengono impastate con un procedimento, ancora manuale, ma diverso e che soprattutto richiede meno tempo. E siamo alle solite, massimo risultato, minimo sforzo… In onore della frisa si celebrano anche sagre, la maggior parte delle quali si tengono in Salento, dove si pretende sia nato il rustico biscotto. Una curiosità : alla parola Frisa (‘Frisce’ in abruzzese) corrisponde anche un piccolissimo centro (meno di duemila abitanti) della provincia di Chieti, alla periferia nord-ovest di Lanciano.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 17 Giugno 2016

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