La fuga di Romeo e Giulietta
È andato in scena al Nuovo Abeliano un lavoro di Pippo Sollecito, diretto da Vito Signorile e interpretato da Antonella Genga e Brando Rossi
C’è chi in letteratura si appassiona ai falsi d’autore. Altri voltano in dialetto locale opere celebri o si dilettano nell’aggiungere a queste un ‘dopo’. Alla categoria degli spiriti più audaci e anche un po’ irriverenti appartiene Pippo Sollecito, che di recente si è misurato con la storia meravigliosa e tragica di Romeo e Giulietta. In ‘Romeo e Giulietta non sono morti’, una produzione Gruppo Abeliano andata in scena in prima assoluta al teatro di via Padre Kolbe, i due innamorati, scansato il suicidio nella cripta, riescono grazie ad un sotterfugio a far credere d’essere morti, prima di fuggire a Bari, dove si ambientano. Ma fra’ Lorenzo, il depositario del gran segreto, poco prima di spirare si è liberato la coscienza. Così, Shakespeare si mette sulle tracce dei fuggitivi, trovando inammissibile che due personaggi possano sfuggire alla propria penna per riscrivere una delle pagine più belle del teatro di tutti i tempi. Giocando alla finzione nella finzione, la drammaturgia di Sollecito (che non disdegna frecciate a certo teatro moderno) riduce le cose a due soli interpreti e scorre sul filo del surreale immaginando una coppia di maturi e litigiosi teatranti prossimi al chi-è-di-scena in un allestimento che ha per oggetto proprio questa inverosimile fuga. Tra baruffe, tormentoni, travestimenti, colpi di scena e rivelazioni clamorose il lavoro si dipana in un tempo solo mantenendosi su un tono quasi sempre frizzante, salvo occasionali vuoti e scivoloni nel goliardico (ma sono proprio questi scivoloni che più tirano l’applauso a scena aperta…). Nell’essenziale regia di Vito Signorile pochi elementi concorrono a delineare un limitato spazio scenico che si fa habitat di momenti ora dinamici, ora raccolti, spigolosi, rarefatti, ridanciani … e che qua e là si aprono ad oasi di teatro accademico venato di sottile e gustosa autoironia. Brando Rossi dà vita a un personaggio (Romeo) imbolsito e stanco, mordace sì, ma senza allegria. Il suo disincanto è funzionale a mettere in risalto la verve di Antonella Genga, una Giulietta ancora imbevuta delle arie da figliola dei piani alti ma già intrisa della rustica schiettezza nostrana (con mestiere la brava attrice barese qui ripercorre gli stilemi che l’hanno resa popolare). Nell’insieme un lavoro piacevole e vario e che ha incontrato l’incondizionato consenso della platea. Resta da dire, infine, del bel gesto di cui il giorno della prima (giovedì scorso) si è resa protagonista Antonella Genga : A spettacolo finito, sfumato l’applauso della folla, la Genga ha inteso dedicare pubblicamente quell’esordio alla memoria di Nicola Valenzano. Il valentissimo attore, regista, danzatore e coreografo, persona di squisita sensibilità ed esemplare rappresentante della nostra città, si era spento ventiquattr’ore prima.
Italo Interesse
Pubblicato il 18 Marzo 2025