Cultura e Spettacoli

La grotta fece da forziere e sepolcro

Chiunque cerchi Vereto sulla carta geografica si affannerebbe invano. Di questa città, che fu anche un municipio romano e che i Saraceni distrussero nel IX secolo, restano solo avanzi di mura, strade, epigrafi e altri reperti conservati presso il Museo Provinciale di Lecce. Su tali rovine sorge oggi Patù, un piccolo comune che si leva a 124 metri sull’ultima propaggine della Murgia Salentina; nell’immagine, uno scorcio del centro storico. L’assenza di assonanza fra Vereto e Patù non tragga in inganno. A fondare la seconda non fu gente venuta da chissà dove, bensì superstiti della stessa Vereto ancorché devastati dal dolore (pathos….). Poi, per influenza della dominazione francese, quel Pato(s) evolse in Patù… Tornando alle testimonianze, ne avanza anche un’altra, ma di natura orale: La leggenda della grotta di Suda. In uno dei suoi tanti studi Francesco Pirreca (1592-1643), canonico di Alessano e grande conoscitore della storia del Salento, scriveva  : “…Si dice per traditione che quando fu  diroccata la città di Vereto (dai Saraceni – n.d.r.), i cittadini vi havessero rinchiuso dentro una grotta tutte le donne della Città con le loro ricchezze, e che essendo stati uccisi tutti i cittadini, vi fussero poi rimaste, esse in conseguenza sepolte con infinito quasi tesoro, e ciò per traditione”. A proposito della stessa grotta – si accenna in ‘Il mio Salento’ – Vincenzo Rosafio, un altro uomo di chiesa, ha detto in tempi più recenti : “Il popolino, ancor oggi, vuole che vi siano state chiuse sette donzelle, tra cui la figlia del re per la custodia del tesoro dell’antica Vereto, minacciata dal nemico invasore”. La grotta di Suda si apre alle falde dell’altura di Patù, quindi a breve distanza dall’abitato. Il contributo di Don Vincenzo include la preziosa testimonianza di tale Cosimo Pirelli, un cittadino di Patù che un giorno del 1939 insieme ad altri curiosi percorse l’antro “per buon tratto”. L’avanzata, che dobbiamo pensare faticosa ai limiti del claustrofobico, avvenne lungo un corridoio la cui larghezza andava dai 60 agli 80 cm. Sul pavimento, cosparso di un polvere bianchissima (materiale tufaceo sbriciolato dall’umido), furono rinvenuti l’osso di un braccio e una mascella con dentatura quasi intatta. Il corridoio aveva termine in uno “stanzino rotondo tutto tappezzato di  (disegni di – n.d.r.) grossi scorpioni”. Nessun tesoro, neanche un’olla, un cratere. Dove quei curiosi avevano messo piede? Forse in un sepolcro di tipo miceneo, già visitato da tombaroli. Al presente l’imbocco di Grotta Suda è ostruito da pietrisco volutamente scaricato per scoraggiare Indiana Jones da strapazzo ; l’antro si apre all’interno di una proprietà privata.

Italo Interesse

 

 


Pubblicato il 15 Febbraio 2019

Articoli Correlati

Pulsante per tornare all'inizio