Cronaca

La guerra a suon di carte bollate: la Cassazione rigetta il ricorso Natuzzi

Pochi ne hanno parlato, eppure si tratta di una notizia importante per gli sviluppi della vertenza che riguarda i cassintegrati e la multinazionale del divano di Santeramo in Colle. Il 4 maggio scorso, difatti, la Corte di Cassazione ha pubblicato la sentenza che rigetta il ricorso della stessa ‘Natuzzi Spa’ contro la precedente sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Potenza, confermando la fondatezza delle ragioni dei lavoratori. Entrando più nel merito della questione, negli anni passati molti dipendenti aprivano dei contenziosi verso l’azienda, perché quest’ultima riservava loro un trattamento diverso dai colleghi, ossia li collocava in Cassa Integrazione Guadagni a tempo pieno, anziché far alternare periodi di Cig con periodi di lavoro. Pertanto, diversi Tribunali di primo e secondo grado hanno condannato la Natuzzi a risarcire le maestranze con una somma corrispondente al differenziale tra la retribuzione che avrebbero percepito se avessero effettuato la rotazione e quanto percepito durante il periodo di Cassa integrazione. La Natuzzi si era opposta a tale responso dinanzi al massimo grado della giustizia civile, ma anche la Corte di Cassazione non ha accolto le istanze aziendali. A questo va aggiunto che l’industria santermana non ha ostacolato la restituzione del maltolto soltanto nei tribunali, ma ha tentato di far desistere gli interessati ponendo delle condizioni ricattatorie per l’assunzione alla New Co. di Ginosa. Anche quest’altro passaggio va chiarito meglio. Molti di quei lavoratori che avevano aperto il contenzioso legale sono stati licenziati ad ottobre scorso, la Natuzzi ha poi proposto di mitigare la risoluzione del rapporto di lavoro offrendo ai licenziati l’assunzione presso una nuova società da essa costituita. Sennonché, la serpe in seno in questa operazione sta nel fatto che il requisito richiesto per l’assunzione era quello di non aver contenziosi in essere con Natuzzi Spa. Naturalmente questa condizione ricattatoria era possibile esercitarla in quanto Istituzioni e CGIL-CISL-UIL il 15 novembre 2016 avevano sottoscritto un accordo che legittimava tale pretesa aziendale. Come si ricorderà pochi mesi prima e cioè a luglio 2016, la stessa azienda aveva avviato le procedure per il licenziamento di 335 suoi dipendenti, gli stessi che da circa due anni subivano un trattamento diverso dai loro colleghi. Infatti, senza che nessuno finora avesse spiegato agli interessati il perché, alla Natuzzi ad alcune maestranze si applica il Contratto di Solidarietà, mentre altre sono state collocate in Cigs ed esiliate presso Ginosa (un sito già chiuso da parecchio tempo), in attesa del licenziamento. E dei 335 lavoratori licenziati, molti sono iscritti all’Unione Sindacale di Base, ma l’organizzazione come già più volte ricordato in passato anche su queste colonne, è stata esclusa sistematicamente dai tavoli di trattativa. Ai quali, guarda caso, sono invece invitati gli altri sindacati e, leggendo gli accordi che in ogni occasione i rappresentanti della ‘triplice’ firmano, si comprende bene il motivo per cui Istituzioni, Confindustria e azienda preferiscono confrontarsi con loro. L’Unione Sindacale di Base, a maggior ragione dopo la pubblicazione della sentenza della Suprema Corte, nel prossimo incontro fissato presso la Presidenza della Regione Puglia tra pochi giorni e precisamente lunedì prossimo 15 maggio, chiederà di rimuovere la clausola ricattatoria posta nell’Accordo di novembre e si batterà affinché ai lavoratori sia assicurato il diritto all’occupazione e il diritto alla giustizia, come la Costituzione della Repubblica italiana garantisce a ogni suo cittadino. La vertenza, per dirla tutta, continua con più ampi squarci a favore dei lavoratori, a quanto sembra…

 

Antonio De Luigi 


Pubblicato il 9 Maggio 2017

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