La Guerra del Merluzzo
Il 1° settembre 1958 l’Islanda, per motivi commerciali, portava da quattro a dodici miglia marine il limite delle proprie acque territoriali scatenando l’ira di Londra
Per ragioni di brevità gli storici usano assegnare un nome a tutte le guerre che hanno insanguinato il pianeta. Tali nomi possono tener conto delle dimensioni del conflitto (guerra mondiale), della geografia (guerra del Peloponneso), della durata (guerra dei Cent’anni), dei rami conflittuali di una stessa dinastia (guerra delle Due Rose)… Altre rare volte a battezzare i conflitti sono i giornalisti. Clamoroso il caso della Guerra del Merluzzo, ‘combattuta’ tra Regno e Unito e Islanda nella seconda metà del secolo scorso. Motivo del contendere, il dominio delle zone di pesca nell’oceano Atlantico comprese tra i due paesi. La Guerra del Merluzzo ebbe inizio il 1° settembre 1958, quando l’Islanda, nonostante l’ostilità della NATO, espanse i propri territori di pesca sino a dodici miglia marine (fino a quel momento un accordo internazionale dichiarava acque territoriali quelle fino a tre miglia dalla costa, limite che l’Islanda arbitrariamente aveva già spinto a quattro nel 1952). Intenzionati a far rispettare il limite internazionale, i pescatori ignorarono il diktat di Reykiavik, forti anche della scorta della Royal Navy, cui gli islandesi potevano opporre solo sei pattugliatori e due baleniere armate. Le due flotte così presero a confrontarsi con azioni dissuasive che in alcuni casi non escludevano colpi d’avvertimento, speronamenti ed altre ‘scorrettezze’ (un dragamine islandese modificato con un rostro a prua si dedicava a tagliare le reti dei pescherecci ‘nemici’). I mezzi d’informazione parlarono scherzosamente di ‘battibecco navale’, tacendo però che nel corso di uno di questi speronamenti la Guerra del Merluzzo fece la sua unica vittima, l’ingegnere Halldór Hallfreðsson, il quale, mentre a bordo della nave Ægir riparava d’urgenza lo scafo con una saldatura, morì folgorato per corto circuito. Uno di questi speronamenti (alla fine dalla guerra se ne contarono ben cinquantacinque) fu però fatale ai britannici. Anni dopo, il capitano Robert McQuenn ebbe a raccontare che uno squarcio aperto nella poppa della sua nave aveva procurato il distacco dalle pareti dei ritratti dei reali inglesi. Quello del Principe Filippo si perse fra le onde, mentre quello di Elisabetta venne tratto in salvo da un coraggioso marinaio rimasto sconosciuto ; al che i giornali inglesi convennero sul fatto che l’inno britannico porta bene (Dio salvi la Regina…). La disparità di forze mise subito in difficoltà l’Islanda che, messa alle strette, dopo aver ripetutamente minacciato di uscire dalla NATO, cavò l’asso dalla manica ventilando la chiusura della base aerea di Keflavík, all’epoca cardine del sistema difensivo aereo e di allarme precoce della NATO nel Nord Atlantico. La minaccia ebbe effetto. La vittoria islandese divenne trionfo nel 1971 quando per effetto di un nuovo e più favorevole equilibrio internazionale quelle dodici miglia salirono a cinquanta. Nel 1976, per effetto di un accordo provvisorio ma tutt’ora in vigore il limite venne esteso a duecento miglia.
Italo Interesse
Pubblicato il 1 Settembre 2023