Cultura e Spettacoli

La ‘lettera’ del prete-scienziato

Tra il 25 luglio e il 23 settembre 2001 nel Kèrala (India) si verificarono violenti acquazzoni caratterizzati da acqua rossa come sangue e che macchiava i vestiti. La colorazione dell’acqua era dovuta alla presenza in sospensione di particelle rosse di forma sferica e ovale, lunghe da 4 a 10 millesimi di millimetro e simili nell’aspetto a organismi cellulari. Alcuni scienziati, ritenendo che le particelle fossero cellule biologiche, giunsero alla conclusione che quello era materiale organico di origine extraterrestre. Tutto sarebbe nato dall’esplosione di una piccola cometa penetrata nell’atmosfera terrestre (alcuni abitanti testimoniarono che le piogge erano state precedute da un boom sonico accompagnato da un lampo di luce). Disintegrandosi, il piccolo astro avrebbe liberato ‘microbi’ d’altri mondi, per la gioia dei sostenitori della teoria della panspermia, secondo cui miliardi d’anni fa la Terra fu ‘fecondata’ da forme di vita provenienti da chissà quale altro angolo dell’Universo. La questione è ancora irrisolta. La pioggia rossa seminò inquietudine nel Kèrala. Se ci chiedessimo se un secolo prima lo stesso misterioso fenomeno avrebbe seminato il terrore, ancora nel Kèrala come in altre parti del mondo altrettanto ‘vulnerabili’, dovremmo rispondere affermativamente. Il 7 marzo 1803 molte contrade del barese furono bagnate da pioggia rossa. Villani e plebei andarono nel panico: per loro quello era un ‘segno’ del cielo, sicuro annuncio della collera divina e che presto si sarebbe manifestata sotto forma di guerre, carestie ed epidemie. La gente non voleva più uscire di casa o faceva pressione perché i Santi protettori venissero portati in processione ‘straordinaria’. A portare la calma fu la parola dotta e pacata di un dottissimo religioso pugliese. Nato a Molfetta il 23 gennaio 1753 (oggi è il 268esimo anniversario della nascita), Giuseppe Maria Giovene fu un arciprete straordinariamente versato nelle cosiddette scienze della Terra. Dinanzi a quella pericolosa deriva del buon senso (la pioggia si rivelò del tutto innocua), lo stesso anno Giovene pubblicò una dissertazione in forma di ‘lettera’ rivolta alla popolazione in cui esponeva una spiegazione che oggi daremmo per scontata ma che l’ambiente scientifico del tempo giudicò acutissima: Quel rosso presente nella pioggia, estraneo al sangue, altro non era che  terra mista a sabbia. Sollevata dai venti africani, quella polvere rossastra aveva “impregnato” le nubi le quali spostandosi più a nord l’avevano fatta precipitare insieme alla pioggia sul territorio pugliese. Questa ‘Lettera su di una pioggia rossa’ apparve poco dopo sugli Atti della Società Italiana delle Scienze di Verona di cui Giovene era membro. La Lettera è contenuta anche nell’opera in più volumi intitolata ‘Raccolta di tutte le opere del cav. Giuseppe Maria Giovene’, fatta stampare tra il 1839 e il 1841 dal pronipote Luigi Marinelli Giovene. La città natale ha dedicato a Giovene una via e una piazzetta. – Nell’immagine, Isaac Newton studia la scomposizione della luce.

Italo Interesse


Pubblicato il 23 Gennaio 2021

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