La lotta, la dignità, lo stile
Se i contributi pubblici si riducono all’osso e non si può più fare affidamento sul botteghino, i teatranti sono costretti a ‘vendersi’, ovvero a scendere a compromessi. Una cosa denunciata più volte, sempre con stile e fermezza dignitosa, a fronte però di esiti modestissimi. Luciano Melchionna prova allora un’altra strada, quella della più plateale provocazione : teatranti che vanno in scena vendendosi come mercenarie del sesso all’interno di un lupanare. ‘Dignità autonome di prostituzione’ è spettacolo frammentato in un arcipelago di micro performance che hanno luogo contemporaneamente all’interno di spazi angusti come alcove e a beneficio di piccoli gruppi di spettatori (il che richiede la risoluzione di gravi problemi logistici che non tutti i i teatri possono soddisfare ; tale difficoltà a Bari è stata risolta sfruttando i tanti locali appartenenti al Dopolavoro Ferrovieri, dai quali locali il Royal è avvolto). Lo spettatore, che insieme al biglietto ha ricevuto anche una certa quantità di carta moneta ‘postribolare’, può spendere la stessa per ‘visitare’ più alcove… Il tutto immerso in un clima enfatico e confuso, esibizionista e un po’ torbido e che, non bastasse, strizza pure l’occhio a Shakespeare. Uno show esuberante, di gusto dubbio, che a tutti i costi vuole stupire. Uno spettacolo esagerato e pretenzioso. Il circo, il carnevale e il cinema (qualche richiamo al ‘The Rocky Horror Picture Show’ di Jim Sharman) sono i tre serbatoi da cui Melchionna attinge a piene mani. Ma il risultato non ripaga adeguatamente l’enorme sforzo produttivo. Per tre ore ‘Dignità autonome di prostituzione’ si guarda allo specchio e studia come rendersi imprendibile. Al termine riesce solo ad imprimere nello spettatore la sensazione dell’acqua pestata nel mortaio. Ciò non vale per tutti, si capisce. Al Royal martedì sera molti avevano l’aria di spassarsela. Mentre a tanti altri l’opera di Melchionna avrebbe aperto il pensiero. Chissà però che spasso ed arzigogolate elucubrazioni non facessero da paravento a una sottile delusione. E’ dura andare controcorrente. Come si può dir male di uno spettacolo da che nove anni raccoglie consensi pressoché unanimi in Italia e all’estero, che è stato premiato col Golden Graal e che ha ricevuto una Nomination al Premio ETI-Olimpici del Teatro come miglior spettacolo d’innovazione? Più facile accodarsi al gregge e belare… Melchionna è certamente animato dalle migliori intenzioni, ma neanche la strada che ha intrapreso è quella buona per migliorare, anche senza un sorriso, i cattivissimi costumi che da una trentina d’anni hanno preso piede in questo paese a proposito di promozione culturale, a cominciare dal teatro.
Italo Interesse
Pubblicato il 11 Novembre 2016