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La lunga telenovela dell’edilizia giudiziaria a Bari

Il procuratore della Repubblica di Bari, Giuseppe Volpe, in audizione alla Commissione parlamentare antimafia ha esposto la situazione in cui versa l’amministrazione della Giustizia nel capoluogo pugliese. Una situazione – come è noto – di forte difficoltà non solo per le scarse risorse economiche ed umane a disposizione degli Uffici giudiziari, ma anche per l’insufficienza da anni, ormai, delle sedi in cui gli operatori di giustizia sono costretti ad operare. Infatti, il problema logistico degli Uffici giudiziari a Bari non riguarda soltanto la Procura ed il Tribunale penale (attualmente ospitati nel Palazzo di via Nazariantz), ma interessa anche altri settori dell’amministrazione giudiziaria, quali sono gli uffici del Giudice di Pace, il Tribunale dei minorenni, il Tar, il Tribunale civile, la Corte d’Appello e la Corte dei Conti. Uffici, questi, che – come è pure noto  – nel capoluogo sono disseminati in posti diversi del territorio cittadino. In alcuni casi addirittura in edifici privati, presi in locazione, com’è il Tar in piazza Massari, il Tribunale dei minorenni, il Giudice di Pace al quartier San Paolo ed il Palazzo stesso di via Nazariantz ospitante Tribunale penale e Procura, per i quali il Ministero spende complessivamente, attraverso il Comune, più di tre milioni di Euro l’anno di canoni di locazione. Ma a prescindere dai costi di locazione, la logistica di taluni Uffici giudiziari, in particolare quella del Giudice di Pace, Tar, Procura e Tribunale civile e penale, risulta ormai del tutto insufficiente, dal punto di vista degli spazi, a contenere sia la mole di fascicoli depositati, sia gli operatori ed utenti che quotidianamente frequentano quegli Uffici giudiziari. Spazi che per quanto riguarda il Tribunale di piazza Enrico De Nicola dovrebbero ridursi ancor di più quando, da settembre del 2018, dovrebbero ospitare anche tutti gli arredi, atti ed operatori rivenienti dalla soppressione definitiva delle tre Sezioni distaccate del Tribunale civile di Bari (quelle di Altamura, Modugno e Rutigliano) sopravvissute nel 2013, per altri 5 anni, al decreto legislativo 155/2012 di riforma dei distretti giudiziari. Sta di fatto, però, che benché la situazione complessiva dell’edilizia giudiziaria non sia affatto rosea, le soluzioni appaiono ancora alquanto remote, poiché – come è pure noto – il Comune di Bari, competente in base alla vecchia normativa a provvedere al riguardo, ha perso più di due lustri in contenziosi vari con l’impresa “Pizzarotti spa” di Parma, a cui nel 2003 con l’amministrazione Di Cagno Abbrescia si era affidata, dopo un bando di gara che aveva visto la stessa impresa vincitrice con un progetto di Polo unico della Giustizia da realizzarsi nei pressi dello stadio “San Nicola”. Uno di questi contenziosi (forse l’ultimo, almeno sotto l’aspetto amministrativo) è tutt’ora pendente dinanzi al Consiglio di Stato, da cui si attende a breve la sentenza definitiva e conoscere, quindi, se l’impresa Pizzarotti potrà ancora realizzare il Polo unico barese della Giustizia, rivedendo però alcune condizioni che lo stesso Comune aveva posto nella gara espletata nel 2003 e recentemente ritenute dalla Corte di Giustizia europea contrarie al principio di libera concorrenza; oppure se la proposta progettuale della Pizzarotti debba ritenersi definitivamente archiviata. Anche perché nel frattempo la competenza a provvedere alla realizzazione delle strutture giudiziarie non è più dei Comuni, ma – come è noto – in base ad una legge del 2014 è passata nelle mani del Ministero, che dal 1 settembre 2015 deve occuparsi direttamente di tutto ciò che concerne l’edilizia giudiziaria che, quindi, non è più materia delegata ai Comuni nei cui territori hanno sede gli Uffici giudiziari. Nell’ipotesi che la società Pizzarotti non abbia più la possibilità di realizzare il suo progetto del 2003, non è escluso che, sulla base di precedenti sentenze del Consiglio di Stato ad essa favorevoli, richieda un risarcimento milionario all’Amministrazione barese che, con l’avvento nel 2004 del ex sindaco Michele Emiliano, si oppose ripetutamente alla soluzione offerta dalla Pizzarotti, senza tra l’altro neppure tentare di risarcirla per il mancato seguito progettuale e di ricerca, a suo tempo effettuati, sulla base di una gara pubblica di cui è vincitrice. Come si ricorderà, anche il successore di Emiliano a Palazzo di Città, Antonio Decaro, non ha mai intrapreso alcuna iniziativa atta a risolvere sia la vertenza tutt’ora aperta con l’impresa Pizzarotti, sia a risolvere con proposte rapide e fattibili l’annoso problema dell’edilizia giudiziaria nel capoluogo. Infatti, come si ricorderà,  Decaro subito dopo la sua elezione a sindaco propose di destinare la sede dell’ex ospedale militare “Lorenzo Bonomo” di corso Alcide De Gasperi a sede degli Uffici giudiziari. Ma, qualche tempo dopo, tale idea si è rivelata evidentemente irrealizzabile, sia perché il ministero della Difesa, proprietario di quella struttura, non si era dichiarato propenso a cederla in tempi rapidi, in quanto utilizzata per gli archivi delle Forze armate, sia perché, qualora fosse stato disponibile, gli spazi a disposizione sarebbero stati comunque insufficienti a poter ospitare tutti gli Uffici giudiziari baresi, che in parte sarebbero comunque rimasti disseminati sul territorio cittadino. Soluzione, quella dell’ex Bonomo, che tra l’altro sarebbe risulta anche molto costosa, poiché avrebbe dovuto essere adattata alle particolari esigenze richieste per l’uso a cui il sindaco Decaro avrebbe voluto destinarla. Infatti, poi, è stato lo stesso Decaro a prospettare una soluzione alternativa, ossia utilizzare le aree delle ex caserme “Capozzi” e “Milano”, comprese tra via Alberotanza e viale Falcone e Borsellino, per la costruzione in quei siti del Polo di giustizia. L’accennato cambio di competenza dal Comune al ministero a provvedere per le sedi degli Uffici giudiziarie ha dato ora la possibilità al Presidente della Corte d’Appello di Bari, Gianfranco Castellaneta, ed al Procuratore generale barese, Anna Maria Tosto, di siglare un accordo congiunto con il rettore del Politecnico, Eugenio Di Sciascio, con cui l’Istituzione universitaria di via Redavid è stata impegnata a trovare una soluzione, effettivamente realizzabile in tempi rapidi, al problema della sede unica barese per le diverse attività giudiziarie. Nel contempo si apprende anche che il sindaco Decaro ha inserito, tra i fondi straordinari del “Patto per la Città metropolitana” (che riceverà dal governo nazionale e dalla Ue) il costo per una nuova progettazione della “Cittadella della giustizia” a Bari. In definitiva, la telenovela dell’edilizia giudiziaria barese è tutt’altro che in dirittura d’arrivo. Anzi, dopo oltre 10 anni di contenzioso del Comune con la Pizzarotti, il problema è nuovamente al punto di partenza. “Non credo – ha esclamato con evidente ironia un noto esponente del Foro barese – che in altri grandi città dove esisteva lo stesso problema il Comune abbia impiegato così tanto tempo per migliorare le condizioni complessive di operatività della Giustizia”. Infatti solo a Bari, forse, è potuto accadere che la politica riuscisse ad imbrigliare e ad ingarbugliare per così tanto tempo la soluzione di un problema, qual è quello di dare luoghi efficienti e dignità istituzionale alla “Macchina della giustizia” che è fondamentale in un Paese dove uno dei principi essenziali è “lo stato di Diritto”. Ma a Bari evidentemente la politica locale, che dipende ormai quasi elusivamente dagli interessi di taluni “palazzinari” poco lungimiranti, è riuscita finora anche a bloccare la necessità e l’opportunità di dare allo Stato le idonee sedi per svolgere una delle sue funzioni fondamentali. Ossia l’amministrazione della Giustizia.                

 

 

Giuseppe Palella     


Pubblicato il 19 Maggio 2016

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