Cultura e Spettacoli

La Maestra assegna le ‘chiavi’

Capire la danza moderna (di qualità), quali che siano le sue numerose correnti, non è facile. Per capire è necessario retrocedere ai primordi dell’umanità. Nel passato più remoto piccole comunità guidate da sciamani, periodicamente, usavano raccogliersi per ‘muoversi’ ciecamente al ritmo di percussioni. Obiettivo comune era la trance necessaria ad entrare in contato con mondi ‘altri’. In termini più lucidi la danza moderna persegue lo stesso risultato, cioè mettere in sintonia l’energia interiore del coreuta con quella, esteriore, che lo avvolge. Ne consegue un gesto coreutico di spessore più elevato. In altri termini, un gesto ‘pieno’. Tutto il contrario dei gesti formalmente ineccepibili e che però suonano vuoti, come i tanti macinati in serie da maestri acerbi e scuole spuntate come funghi. Tale considerazione è frutto della visione di un evento occorso avantieri al Nuovo Abeliano. Nel teatro di via Padre Kolbe, due giorni fa, si è concluso un workshop riservato a danzatori professionisti e allievi di livello avanzato, promosso da ResExtensa e condotto da Carolyn Carlson (riconoscibile al centro dell’immagine), coreografa statunitense di caratura mondiale il cui pensiero ha fatto scuola per libertà d’espressione, energia d’improvvisazione e componente spirituale. Accompagnata dai suoi storici assistenti, Sara Orselli e Paky Zennaro, Carolyn Carlson ha esemplificato come si lavora in vista di uno spettacolo di danza moderna. E difatti la sua lezione, ultima di una serie di cinque ed aperta al pubblico, non aveva la pretesa d’essere uno spettacolo. Tuttavia ne recava in embrione il colore. Per circa novanta minuti, quieta e carismatica, con poche parole accompagnate da gesti brevi e limpidi, la Maestra ha assegnato ‘chiavi’ (verticalità, distanza, sospensione, ricerca dell’aura, poesia visiva, varco e vuoto…) che trenta giovanissimi danzatori avevano il compito di ‘restituire’, rielaborate ; tale sistema, tra l’altro, presenta il pregio di pescare all’interno di dette elaborazioni invenzioni anche vicine al colpo di genio. Abbiamo così assistito, poco alla volta, al prendere forma di una consapevolezza collettiva nella quale il gesto sempre più somigliava ad un disegno coreutico. Una consapevolezza a tratti venata di tribale e che richiamava le ancestrali suggestioni di cui sopra. Una tribalità però non selvatica, bensì innervata da un forte senso dell’autodisciplina, quindi lontana dalla derive ‘anarchiche’ (il sabba o l’orgia) delle primitive danze d’evocazione. ‘Le vie della terra’ (The ways of Land), questo il titolo assegnato alla lezione aperta della Carlson, è risposta moderna ed evoluta ad un richiamo tanto profondo quanto irresistibile.

 

 

Italo Interesse

 


Pubblicato il 5 Novembre 2022

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