Cultura e Spettacoli

La mostra di Anna Dormio, “Continuum”

In questo maggio di riaperture, ripartono anche le iniziative dello Spazio Microba, in via Bonazzi, 46, che inaugura la stagione espositiva con la mostra di Anna Dormio, Continuum, con la collaborazione critica di Nicola Zito. <<Questo piccolo spazio espositivo si pone come obiettivo di svecchiare l’ambiente ancora un po’ troppo chiuso di Bari verso l’arte contemporanea. Nonostante la nostra esperienza ci abbia fatto percepire un interesse e un approccio genuino a questo tipo di proposte, almeno in questo quartiere della città. La nostra è una sorta di sfida.>> dichiarano i proprietari: Riccardo Pavone e Marialuisa Sorrentino, due architetti che per passione hanno fondato questo spazio, divenuto in poco tempo un punto di riferimento per i giovani e per le Accademie pugliesi. In occasione della sua prima personale a Bari, Anna Dormio, laureata in Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Lecce, e co-founder e social media manager del collettivo artistico Kunstschau, che ha partecipato nel 2020 a La Meraviglia, residenza artistica presso la Manifattura Tabacchi di Firenze, e nel 2019 a Sapere i luoghi, progetto di residenza della Fondazione Morra di Napoli, propone la sua più recente produzione, i Ravennati, 101 esemplari unici realizzati, dal 2017 al 2021, a partire da vecchie immagini fotografiche, analogiche e in b/n, che, recuperate nelle città dove l’artista ha vissuto nel corso degli ultimi anni, in Italia e all’estero, sono state poi rielaborate attraverso l’uso della foglia oro, tecnica antica che rimanda (come indica anche il titolo della serie) alla città di Ravenna e all’arte bizantina. Queste opere, con cui l’artista si è aggiudicata quest’anno il Primo Premio del concorso fotografico L’assenza, rappresentano uno spunto di riflessione sul concetto di “tempo” e sulla compenetrazione continua tra passato e presente. L’artista pugliese tende con la sua ricerca a creare una sua particolare semantica di appartenenza, e di interventi personali e unici, fatta di percorsi coinvolgenti e originali, attraverso l’accumulo di oggetti e fotografie su cui inserviente poi a livello pittorico, conferendo all’opera una molteplicità di sensi.

Come realizza le sue creazioni?

“Fin da bambina ho avuto una grande dimestichezza con il disegno che poi ho perfezionato nel tempo.Mi sono inizialmente appassionata alla pittura e sono stata per molto tempo legata a forme d’espressione artistica molto tradizionali, in maniera quasi intransigente, per poi abbandonarla verso la sperimentazione di forme di arte contemporanea più moderne. Ho sentito che mi rappresentava di più questo tipo di ricerca verso l’ibrido, pur mantenendo un recupero concettuale e della composizione pittorico. La mia ricerca si fonda principalmente sull’accumulo di un particolare estrapolato dal tutto.Mi piace recuperare questi scarti dell’umano che magari si tende a non considerare interessanti. A me piace farli rivivere per dar loro una luce nuova. Attraverso quest’opera ‘i Ravennati’, mi piace far rivivere i ricordi di queste persone, la loro storia. Ho raccolto varie fotografie di epoche passate, in vari paesi e città in cui ho vissuto.”

Come mai in molte fotografie cancella i volti di queste persone?

“Si tratta di persone che non esistono più decedute ormai da tempo, o di anziani, come ad attuare una specie di cancellazione dell’identità, a volte intervengo pittoricamente anche su alcuni tratti del paesaggio per cancellarne degli elementi. Solo io scelgo di cancellare o lasciar vedere parti della foto, quindi solo io so cosa ho cancellato e cosa è rimasto in me di quel ricordo. Gli sguardi delle persone, gli oggetti.  Il bello sta nel fatto che il visitatore può immaginare qualsiasi cosa dietro questa cancellazione o quella foglia oro che la ricopre, creando infiniti percorsi mentali personali.”

In alcune sue opere sembra esserci un recupero di elementi che per lo stereotipo comune potrebbero sembrare violenti ma che nella sua rielaborazione cambiano completamente di senso. Ci spieghi questo processo.

“In alcune opere come quella in cui accumulo armi o foto di animali morti, vi è un recupero del senso completamente lontano da ogni forma di violenza, poiché mio padre aveva un’armeria, e per me le armi rappresentano ricordi di infanzia, sono oggetti familiari che hanno un valore affettivo, quindi svuotati dal senso comune che si attribuisce loro, elementi di cui non avere paura.”

Qual è il suo rapporto con la morte?

“In realtà ultimamente me lo chiedo spesso, perché mi sono resa conto ragionandoci, che il filo conduttore di tutti i miei lavori sembrerebbe essere proprio la morte. Probabilmente c’è qualcosa di istintivo che mi porta a questo che ancora non so razionalizzare. Non so spiegare quale sia il mio rapporto con la morte, lo esterno forse in questa maniera, facendo arte. L’idea della morte la affronto con curiosità, è un concetto affascinante per chi crede. Pensare che ci sia un aldilà sconosciuto. Di sicuro ci sono state molte perdite nella mia vita”.

Rossella Cea


Pubblicato il 18 Maggio 2021

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