La Murgia “sferzata dal favonio dei deserti”
Il 1° luglio 1923 nasceva a Molfetta Enrico Panunzio, scrittore, poeta e sceneggiatore radiofonico
‘I fiori del male’, opera eccelsa di Baudelaire, vanta solo in lingua italiana ventiquattro traduzioni. Una di queste ‘odora’ di Puglia. Edito da Berden nel 1946, il libro reca la firma di Enrico Panunzio (nell’immagine a destra, accanto al poeta Dario Bellezza). Nato a Molfetta il 1° luglio di 102 anni fa (si sarebbe spento a Roma il 20 febbraio 2015) Panunzio fu scrittore, poeta e sceneggiatore radiofonico ; docente di storia e letteratura, ricoprì anche il ruolo di addetto culturale presso l’ambasciata italiana a Parigi, dove diresse la biblioteca dell’Istituto Italiano in Francia. La sua produzione, vasta e variegata, spazia dai romanzi come “Giovane Musa”, “Malfarà”, “Il balcone di casa Paù”, “L’idiota Celeste” e “L’anno divino”, a poesie e scritti vari come “I 99 nomi di Allah”, “Lo specchio di Vera Penitenza”, “Il peso degli angeli”, “Inchiostro di Alba”, “L’occhio di Parigi” e “Tregua di Azzurro”. Restiamo ai romanzi : La scrittura di Panunzio, spesso barocca e preziosa, è sostenuta da una visione del mondo “meridionale”, che si ricollega alle radici elleniche della Magna Grecia. La sua terra d’origine, la Puglia, è onnipresente. Si pensi alla storia di Malfarà, questo “derviscio della mente” nonché “alunno professo dei reverendi Gesuiti di Mondragone”, la cui vicenda si ambienta in un’imprecisata contrada murgiana, nei pressi dell’immaginaria fattoria Sfondascarpe, “una terra sommersa e stregonesca”. In questa Murgia misteriosa e magica, sferzata dal “favonio dei deserti” che sparge dappertutto “una cute infiammata e rossastra di polvere”, Marfarà ambienta la storia di Oreste ed Elettra. Ma, travolti dalla prosa ironica di Panunzio, gli eroi sofoclei smarriscano la grandeur classica ed involvono in personaggi surreali, degni della migliore tradizione parodistica, dalla Batracomiomachia ad oggi. Un estratto : “Tolse gli occhiali per nettarli a uno sghembo di camicia, aspettò che il treno uscisse da un traforo per orientarsi. Della notte già somma restava un vetro di aria sottile, la lumescenza delle ovatte lunari e il sonno dei paesi spenti: presepi sopra le pietre. ‘L’Arcadia e la camorra!’ pensò. Attraversando quelle terre desolate, la forra dei briganti, l’inferno dei fieni bruciati, il binomio timbrava giusto. Di chi era quella lapide?…” Si diceva prima di prosa barocca : E’ dall’aulica lingua del Seicento che sgorga quella di Enrico Panunzio, uno stile di scrittura che risalendo le successive correnti letterarie si imbeve, prima delle Operette Morali del poeta di Recanati, poi del respiro ottocentesco, nello specifico victorhughiano. Di qui il sofferto rapporto con la modernità italiana del secondo Novecento, complice anche una critica ‘distratta’ e il conseguente, contenuto successo editoriale.
Italo Interesse
Pubblicato il 1 Luglio 2025