La nave che entrò ed uscì dalla Storia
Il 10 agosto 1949 presso i Cantieri Navali Riuniti di Ancona si cominciava a mettere mano ad un nuovo ‘portarinfuse’, nome col quale si designano le navi destinate a trasportare carichi non liquidi e non unitarizzati in container o pallet. La motonave, il cui armatore era la società albanese Drejtflot, venne varata il 4 maggio del 1960 ed entrò in servizio il mese dopo per la Società Ligure di Armamento. Si chiamava ‘Ilice’ e aveva un dislocamento di 17366 tonnellate. Gemella delle navi Ninny Figari, Sunpalermo e Fineo acquisite da diverse compagnie, l’Ilice fu successivamente acquistata nel 1961 dalla Societè actionnaire sino-albanaise de la navigation maritime “Chalship” di Durazzo battente bandiera albanese e ribattezzata. Dopo trent’anni di navigazione anonima questa nave era ridotta a un rottame. Il 7 agosto del 1991, ferma nel porto di Durazzo, miracolosamente reduce dall’ultimo viaggio sino a l’Avana per rifornire di zucchero l’Albania, attendeva d’essere sottoposta a importanti riparazioni (il motore centrale era fuori uso). In quelle condizioni non avrebbe mai dovuto riprendere il mare. Ma quella mattina, nell’irresponsabile euforia di fuga conseguente al crollo del regime comunista, una folla di albanesi mise piede a bordo dell’ex Ilice con la ferma intenzione di raggiungere la costa pugliese. Il comandante non potette opporsi. Con la forza solo dei motori ausiliari, gravata del peso di ventila persone, la nave prese il largo. Durante la traversata, resa drammatica dalla lentezza, dal caldo e dall’assenza di qualunque genere di conforto, si rischiò la tragedia. Passeggeri resi disperati dalla disidratazione arrivarono a tagliare i tubi di raffreddamento per ricavare un sorso d’acqua. Per scongiurare che i motori fondessero, il capitano fece ricorso ad acqua di mare. Come quel viaggio abbia potuto essere portato a compimento resta un mistero. Quando la nave fece ingresso nel porto di Bari, il mondo aveva scoperto l’esistenza della Vlora. Pochi giorni dopo aver sbarcato il suo carico umano, la Vlora scomparve. Probabilmente venne trainata altrove (l’impiego di acqua di mare doveva aver messo definitivamente fuori uso il sistema di raffreddamento). Quale porto l’accolse? E’ singolare la rapidità con cui la Vlora entrò ed uscì dalla Storia. La nave risulta radiata nel 1996 e nello stesso anno, il 17 agosto, demolita ad Aliaga, un porto turco dove ancora oggi opera un’importante società di rottamazione, la Bereket Ithalat Ihracat. Che ne fu della Vlora nei cinque anni precedenti la sua radiazione dal registro navale di Durazzo dove era iscritta? Ci pare improbabile che, riparata, abbia ripreso a solcare mari. Nessuno avrebbe investito in quel rottame. Ma allora perché non avviare subito quel cumulo di ferraglia al suo più logico destino, perché lasciarlo languire, ormeggiato ad una di quelle banchine dove sostano le navi abbandonate dagli armatori? Nave ‘scomoda’, la Vlora si portò dietro un’aura negativa che dovette nuocerle.
Italo Interesse
Pubblicato il 23 Maggio 2014