Cultura e Spettacoli

La palla di pezza, Cassano che ne sa?

Con meno di dieci euro è oggi possibile comprare un pallone da calcio che sia decente. Ma in passato le sfere in cuoio costavano una cifra. Costavano così tanto che non era raro nei campionati minori del nostro Sud vedere un partita sospesa perché l’unico pallone disponibile, spedito da un calcione oltre il recinto del ‘campo sportivo’, era stato portato via da un fortunato quanto scorretto rinvenitore. Per far durare i palloni si usava ungerli con grasso animale ; se si foravano o si scucivano, a rimetterli in sesto provvedeva il calzolaio. Si faceva di tutto per tenerli in vita questi strumenti di gioco preziosi come l’oro. Ma anche vecchi e bitorzoluti i palloni in cuoio restavano un lusso. Sicché i bambini poveri dovevano contentarsi di surrogati caserecci. Il più misero di questi era il tappo delle bottiglie. Rimedio leggermente più ‘evoluto’, la palla di carta, facile da confezionare, benché la sua preparazione portasse via molto tempo. Infatti occorreva prima appallottolare quattro cinque fogli di giornale bagnati, comprimere bene, modellare e mettere la sfera così ottenuta ad asciugare vicino al fuoco. Il risultato era una palla piuttosto dura e resistente. Ma non rimbalzava e faceva male quando calciata a piedi nudi. Oltretutto, quando tirata con violenza – da chi poteva permettersi un paio di scarpe vecchie  – poteva rompere un vetro ; e comunque quando scagliata contro una porta o una serranda procurava un bel chiasso. Meglio la palla di pezza, morbida, leggera. Rimbalzava poco e malissimo, in compenso la potevi prendere in pieno viso o nelle parti bassi senza alcun dolore ; calciata,  produceva un suono soffice. Lo stesso rumore sordo che sviluppava quando scaraventata contro una vetrina, che non pativa alcunché, salvo eventuali schizzi di fango. Per confezionarla bastava un paio di calze vecchie. Una volta imbottita la prima calza di stracci, l’involto veniva ficcato nella seconda calza. Se si giocava a piedi nudi, la palla di pezza poteva durare una giornata intera, ovvero il doppio di una palla di carta. Ma come rinunciare ai vantaggi di quest’ultima, ovvero quella superiore consistenza che permetteva una migliore manovrabilità? Alcuni bambini adottavano la soluzione intermedia : la palla di carta infilata dentro più calze vecchie. Ne venivano partite appassionate nei vicoli della città vecchia che Antonio Cassano neanche può immaginare (lui appartiene alla generazione che ha subito familiarizzato con palloni degni di questo nome). Partite che però potevano venire interrotte da un momento all’altro se qualche adulto si metteva a protestare contro il chiasso che facevano i bambini o se – finale mestissimo – la palla spariva ingoiata da un tombino.
italointeresse@alice.it
 
 


Pubblicato il 2 Febbraio 2011

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