La “patata bollente” dei finti Municipi per l’amministrazione Leccese
Gli amministratori di quartiere scalpitano per il ripristino di gettoni di presenza ai consiglieri e stipendi ai presidenti attualmente bloccati da una norma nazionale dello scorso marzo
Il blocco degli emolumenti per gli amministratori di quartiere introdotto dal governo Meloni, con una legge del 25 marzo scorso (la n. 38/2024), al Comune di Bari rischia di diventare un’altra “patata bollente” per il neo sindaco Vito Leccese e la maggioranza consigliare che lo sostiene. Infatti, le presidentesse e tutti i consiglieri dei cinque Municipi di decentramento cittadino quasi sicuramente scalpitano per il fatto non soltanto di essere Organi privi di reali poteri, ma soprattutto perché nei tre mesi già trascorsi da quando si sono insediati non hanno ricevuto alcun compenso e difficilmente ne avranno in futuro, almeno fino a quando non sarà definita la questione della rideterminazione dei gettoni di presenza per i consiglieri e delle indennità di funzione per i presidenti di Municipio. Compensi, questi, aboliti dalla legge citata per tutti i Comuni dotati di Organi di decentramento elettivi che sono andati a rinnovo lo scorso 8 e 9 giugno e per quelli che andranno successivamente a tale data. Infatti, secondo la nuova normativa che ha emendato il Testo Unico sugli enti locali, nella parte che prevedeva la possibilità di erogare compensi agli amministratori di quartiere a prescindere dalle effettive funzioni ad essi affidati, le nuove Amministrazioni comunali dotate di Organi politici di decentramento, per poter reintrodurre gli emolumenti a rappresentati di quartiere, c’è bisogno di un decreto attuativo del Viminale che stabilisca criteri e modalità per la determinazione di detti riconoscimenti economici e che comunque – prevede sempre la stessa legge – devono essere rapportati alle “effettive funzioni” ad essi affidate. E solo dopo l’emanazione di detto decreto l’Amministrazione cittadina centrale ha la facoltà di reintrodurre, attraverso una delibera di Consiglio comunale, i “gettoni” di presenza per i consiglieri delle mini-assemblee dei quartieri e l’indennità di carica per i loro rispettivi presidenti. Insomma, senza un decreto attuativo del Ministero degli Interni, le amministrazioni comunali hanno le mani legate per elargire i compensi agli amministratori di quartieri. Compensi che, nel caso dei cinque Municipi di decentramento barese, sono – come è noto – un vero e proprio spreco di denaro pubblico, perché tali Organi sono privi di poteri reali e, quindi, di reali capacità di incidere nell’amministrazione dei territori rappresentati. Difatti a Bari da tempo il dibattito sull’effettiva utilità dei cinque Municipi di finto decentramento comunale è aperto da tempo anche se nel frattempo i costi dei politici in essi impegnati per Comune di Bari erano lievitati a tal punto che la spessa complessiva per ciascuno di essi, tra costi diretti ed indiretti di consiglieri e presidenti, era diventata talvolta addirittura maggiore di quelli sostenuti da un Comune di pari popolazione per sindaco e consiglieri comunali. Quindi, i costi dei politici dei cinque Municipi baresi, prima della legge 38/2024, erano divenuti addirittura paragonabili a quelli dell’apparato politico di un Comune autonomo di pari dimensioni e, quindi, un vero e proprio scandalo, oltre che uno sperpero incredibile di risorse pubbliche cittadine a discapito sicuramente di servizi ed interventi che potrebbero essere effettuati a favore della collettività. Ed a ciò la legge dello scorso marzo del governo Meloni ha sicuramente messo un freno. Uno “stop” chiaramente poco gradito ai politici baresi di quartiere che al momento in cui si sono candidati, lo scorso maggio, forse non conoscevano ancora, per cui ora scalpitano affinchè la nuova amministrazione Leccese ripristini quanto prima “gettoni di presenza” per i consiglieri e “stipendi” per i presidenti di Municipio, applicando ovviamente al massimo le misure economiche per essi previste e dimenticando, magari, che Bari non è di certo una città delle dimensioni di Roma, Milano, Napoli o Torino, dove il decentramento comunale – come è noto – funziona effettivamente ed ha quindi senso averlo, viste anche le dimensioni urbane e di popolazione di dette città e, soprattutto, che la reintroduzione degli emolumenti agli amministratori di quartiere per il Comune, in base alla nuova normativa, non è più un obbligo, ma una facoltà. Infatti, se a Bari si dovessero tenere conto realmente di tutti questi fattori, allora si giungerebbe facilmente alla conclusione che dei cinque Municipi di un finto e quanto inutile decentramento comunale se ne potrebbe fare tranquillamente a meno e che già i costi indiretti dei politici in essi impegnati (rimborsi ai datori di lavoro per le assenze regolarmente retribuite ai dipendenti eletti al Municipio, etc.) rappresenterebbero per il Comune di Bari un costo di cui, se si facesse a meno, la comunità barese potrebbe avvantaggiarsene per il miglioramento di qualche utilità sociale. Tanto, se i cinque finti Municipi di decentramento comunale fossero aboliti totalmente, al pari attuale degli emolumenti previsti per i loro politici, quasi sicuramente nessun cittadino se ne accorgerebbe o, quantomeno, li rimpiangerebbe.
Giuseppe Palella
Pubblicato il 12 Ottobre 2024