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La Popolare di Bari “bussa” a denari al Fondo interbancario di tutela dei depositi

La Banca Popolare di Bari “bussa” a denari alla cassa del Fidt (Fondo interbancario di tutela dei depositi). Infatti, stante alcune recenti notizie, solo ora è arrivata sul tavolo del Comitato di gestione Fidt dal noto Istituto bancario barese“una rappresentazione della situazione aziendale di difficoltà” con la richiesta di un intervento a sostegno dello stesso. E la situazione finanziaria della Bpb deve essere davvero difficile considerato che non è certo da oggi che la maggiore banca del Mezzogiorno non naviga in buone acque, viste le consistenti perdite registrate nel 2018 (di oltre 420 milioni di Euro) e quelle provvisorie già annunciate per il 2019 (di oltre 70 milioni di Euro nel solo primo trimestre). Però, il Fondo attende ora “un piano industriale da cui emerga il fabbisogno di capitale” necessario ad evitare il default della Banca barese. Infatti, la riunione del Comitato di gestione del Fitd in cui si è discusso della recente richiesta di intervento di Bpb era “puramente informativa” e, quindi, non sono state assunte decisioni in merito, in quanto il Fondo può intervenire solo nell’ambito di un progetto strutturato di cui però non c’è ancora alcuna traccia. Secondo quanto reso noto, al momento dalla Popolare di Bari è arrivata solo “un’istanza” generica, che andrà integrata con un piano industriale “più raffinato” e con l’indicazione di quanto capitale serve per mettere in sicurezza la banca pugliese. Una somma sulla cui definizione avrà un peso rilevante la possibilità di poter trasformare le dta (attività fiscali differite) in crediti di imposta, operazione questa che però potrebbe essere stoppata dalla Ue, in quanto aiuto di Stato e in relazione alla quale sono in corso interlocuzioni tra il Mef e la DgComp. Ma per messa a punto dell’operazione di salvataggio della Bpb, sulla quale “sono impegnati sia il Mef che la Banca d’Italia”, sarà poi necessario che lo Stato intervenga direttamente o indirettamente attraverso un’operazione “ricapitalizzare” dell’Istituto bancario con sede a Bari, in corso Cavour. Infatti, l’ipotesi più accreditata a livello governativo è che lo Stato effettui l’operazione attraverso il Mediocredito Centrale (Mcc), che però avrebbe bisogno di risorse statali fresche per intervenire a sostegno della Banca barese in difficoltà, ricoprendo il ruolo di partner industriale della tessa. Risorse, queste ultime, che potrebbero essere messe a disposizione del Mcc da Invitalia, che è la Società di proprietà del Mef attraverso cui lo Stato controlla il Mediocredito. Ma – a quanto si apprende –  per potersi effettivamente concretizzare tale operazione sono necessari non meno di sei mesi, mentre Bpb avrebbe urgente necessità di liquidità per far fronte agli impegni assunti in precedenza nei confronti dei propri obbligazionisti, oltre che verso i depositanti per le ordinarie operazioni di cassa.  Quindi, evidentemente i tempi di intervento richiesti sarebbero molto più ristretti, per cui è forse necessario intervenire con una immediata iniezione di liquidità che potrebbe arrivare rapidamente solo dal Fdti con un prestito ponte da far rientrare dopo la ricapitalizzazione del Mcc. I tempi dell’intervento del Fitd dipenderanno dalla rapidità con cui la Bari sottoporrà al Fondo il piano industriale, che ancora manca, così come resta nell’alveo delle aspirazioni il progetto di creare una grande Banca Popolare del Sud. Come sempre in situazioni di crisi bancarie, viene fatto notare, che è comunque opportuno che i tempi siano stretti e che il salvagente venga gettato “rapidamente”. L’ammontare dell’intervento necessario al salvataggio di Bpb appare al momento è ancora incerto,  perchénon è ancora chiaro se la banca barese potrà avvalersi delle agevolazioni fiscali introdotte dal ‘DL crescita’ varato a giugno scorso dal Governo, per stimolare le fusioni tra istituti bancari del Mezzogiorno. Agevolazioni fiscali che, se acquisibili, potrebbero valere fino a 500 milioni di Euro in crediti d’imposta. Sul tema, infatti, è in corso una
interlocuzione tra Mef e Commissione europea, che potrebbe stoppare la misura considerandola – come detto innanzi – un aiuto di Stato. Se l’intervento statale andrà a buon fine, la Popolare di Bari varerà nella primavera del 2020, dopo l’approvazione di Bilancio, la trasformazione in spa e poi, grazie al nuovo capitale, tornerà a rispettare i requisiti fissati da Bankitalia e potrà cedere buona parte
del suo fardello di crediti deteriorati, che a fine giugno registravano, anche a livello netto, un rapporto altissimo rispetto al totale del portafoglio crediti (15,5%). Da ieri i circa 70 mila soci della Bpb sono impossibilitati anche formalmente a mettere in vendita le loro azioni,  poiché il mercato ristretto HI-MTF, dove i titoli erano quotati, ha deciso di “sospendere temporaneamente” le negoziazioni, peraltro già da tempo ridotte al lumicino per mancanza assoluta di compratori, in attesa di “nuovi sviluppi” sulle trattative in corso con Mcc e il Fitd. Intanto, secondo un noto quotidiano nazionale, la Procura di Bari starebbe indagando, su segnalazione di Bankitalia, sull’ad di Bpb, Vincenzo de Bustis, in merito a una fallita operazione di rafforzamento patrimoniale che avrebbe dovuto coinvolgere una società maltese. E nelle more che la Giustizia faccia il suo corso, secondo alcune indiscrezioni interne al noto Istituto di credito di Bari, i vertici di Bpb sono impegnati nel mettere appunto il “Piano industriale” da inviare al Fidt per aver accesso all’intervento urgente di salvataggio. Un “piano” che – sempre secondo le stese voci – sarebbe lacrime e sangue per l’Istituto, in quanto potrebbe prevedere un taglio di circa 1000 unità lavorative su un totale attuale di circa 3600 e la chiusura di un centinaio di agenzie sparse in varie parti d’Italia. I circa 70mila azionisti di Bpb, invece, il dissanguamento lo hanno già subito con la consistente svalutazione esponenziale delle proprie rispettive quote azionarie e non sano ancora se, dopo il tentativo di salvataggio in corso, i loro titoli avranno ancora qualche possibilità, benché minima, di rimborsabilità.

 

 

Giuseppe Palella


Pubblicato il 6 Dicembre 2019

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