La Puglia al penultimo posto nella classifica italiana sul rapporto maternità e lavoro
In occasione della festa della mamma 2016 l’organizzazione “Save the Children” ha pubblicato il rapporto “Le Equilibriste – Da scommessa a investimento: maternità in Italia” ovvero una mappa regionale della maternità in Italia che ha assegnato al Trentino Alto-Adige il primato di regione ‘mother friendly’ seguita nell’ordine da Valle D’Aosta (2°), Emilia Romagna (3°), Lombardia (4°), Toscana (5°), Piemonte (6°) e dalle altre regioni del nord che mostrano servizi e condizioni più favorevoli alla maternità, mentre si confermano alle ultime posizioni in classifica le regioni meridionali tra le quali troviamo al penultimo posto la Puglia seguita, all’ultimo posto, dalla Calabria. Questo squilibrio è stato calcolato secondo l’indice relativo a cura, lavoro e servizi per l’infanzia offerti sia nel settore pubblico che in quello privato. Ma, purtroppo, la Puglia non eccelle nemmeno sull’indice nazionale di natalità: secondo i dati ISTAT relativi a Bari Città Metropolitana il numero dei nascituri è passato dal 10,3% registrato nel 2002 all’8,2% del 2015 con il conseguente aumento dell’età media dei cittadini baresi passata in breve tempo da 38,5 anni (del 2002) a 42,7 anni (del 2015). Il calcolo è stato effettuato valutando il numero dei cittadini suddivisi per fasce d’età: i risultati emersi rivelano che, a causa dell’emigrazione giovanile verso il nord d’Italia o l’estero ed in mancanza di nuove nascite, la nostra città si colloca tra quelle con la maggior concentrazione di popolazione anziana nel meridione. Si è passati infatti dal 16.7% dei cittadini di età compresa tra 0-14 anni del 2002 al 14% del 2015 mentre quelli di età compresa tra i 15-64 anni sono passati dal 68% del 2002 al 66,2% del 2015. Infine quelli over 65 sono aumentati dal 15,3% del 2002 al 19,8% del 2015 incrementando così l’indice di mortalità che nel 2015 ha registrato l’8,6% rispetto al 7,8% del 2002. E non va meglio nelle altre città pugliesi: si aggiunga alla problematica famiglia/lavoro il fattore immigrazione che va man mano aumentando sotto il profilo demografico a causa del maggiore tasso di natalità delle donne straniere che, grazie alle politiche sociali legate all’accoglienza di cui le nostre connazionali non possono usufruire, pareggiano o sorpassano il numero delle gravidanze autoctone. Comunque sono circa 8 milioni le madri italiane tra i 25 e i 64 anni che convivono con i figli al di sotto dei 15 e dei 25 anni, economicamente dipendenti. A ciò va aggiunto l’aumento dei divorzi e delle separazioni le cui conseguenze vengono pagate in maniera più drastica dalle donne. Se poi confrontiamo il tasso di occupazione materna italiana con quello europeo, scopriamo che in Italia una su due viene esclusa mentre all’estero solo una su tre viene penalizzata. Il Direttore Programmi Italia-Europa di Save the Children – Raffaela Milano- in una nota ha sottolineato che: << Al di là della mappatura regionale sullo stato delle madri, con questo rapporto abbiamo anche cercato di leggere la realtà del nostro Paese dal punto di vista delle mamme. Ne viene fuori uno spaccato dove le disparità di genere hanno ancora un impatto negativo decisivo sulla vita delle mamme. Donne che si ritrovano a svolgere, anche loro malgrado, un ruolo predominante nell’assicurare il benessere di bambini, adulti e anziani, senza alcuna retribuzione, ma pagando, al contrario, e in prima persona, un prezzo molto elevato nel mancato sviluppo personale e professionale>>. Il carico preponderante di cure familiari per le mamme si intreccia con un mercato del lavoro che in Italia ne taglia fuori la metà tra i 25 e i 64 anni, dato che aumenta in relazione al numero dei figli. <
Maria Giovanna Depalma
Pubblicato il 10 Maggio 2016