“La Puglia in più” si sfila dal tavolo delle primarie e minaccia di uscire dalla coalizione
Il movimento civico “La Puglia in più”, che fa capo al senatore salentino Dario Stefano del Pd, si sfila dal tavolo del centrosinistra già prima di cominciare a discuterle le regole delle primarie. Il senatore Stefano sarebbe stato uno dei possibili concorrenti (insieme al governatore uscente Michele Emiliano, al sociologo Leo Palmisano, all’ex eurodeputata foggiana Elena Gentile e forse al consigliere regionale brindisino Fabiano Amati) nel voto ai gazebo del centrosinistra per la scelta del nome da candidare alla guida della Puglia alle regionali del 2020, ma stante a quanto comunicato con una recente nota non è pensabile che il leader de “La Puglia in più” possa corre alla primarie solo per testimonianza, visto che la corsa sin dall’inizio potrebbe essere truccata, per favorire un concorrente che dovrebbe comunque risultare vincitore. Infatti, il movimento “La Puglia in più” del senatore Stefano, in vista dell’incontro della coalizione di centrosinistra previsto per questo fine settimana a Bari e durante il quale dovrà essere affrontato il tema dell’organizzazione delle primarie, ha minacciato di uscire definitivamente dalla coalizione a causa dell’arroganza di “qualcuno” che probabilmente vuole truccare le regole della competizione ed al riguardo ha fatto spere che “le regole delle primarie di coalizione devono essere scritte dal tavolo della coalizione. Non accettiamo in alcun modo che tempi e modalità vengano decisi in altri luoghi e per obiettivi individuali. Questo atteggiamento arrogante, simile a quello di chi predica il gioco di squadra salvo poi nascondere il pallone, ci costringe a non partecipare al tavolo, a partire dall’incontro di domani (ndr – oggi, per chi legge venerdì)”. E, continuando a scorrere la nota del movimento, si legge: “ Tutti sono bravi a sfidare pubblicamente gli altri scrivendosi le regole da soli”, spiegando che “si continua a fare orecchie da mercante sulla necessità di un bilancio delle cose fatte dal governo regionale e di una agenda di fine mandato”. E questo è “un atteggiamento che – si sottolinea inoltre nella nota – non possiamo più tollerare perché giova solo a qualcuno e non all’intera coalizione. E nemmeno ai pugliesi”. Poi, si evidenzia come sia finito “il tempo in cui le scelte che riguardano una comunità e la collettività vengono prese da pochi, fuori dalle sedi proprie e quindi senza alcuna garanzia di trasparenza”. “Abbiamo già dato nel 2014: sono passati 5 anni – concludono dal Movimento politico di Stefano – e di quelle primarie di coalizione per la scelta del candidato presidente del centrosinistra siamo ancora in attesa di conoscere, dopo reiterate richieste, gli effettivi resoconti dei gazebo. Iniziamo da qui se vogliamo essere veramente inclusivi e trasparenti. Nel caso contrario, saranno altri a doversi assumere pubblicamente la responsabilità di aver frantumato una comunità politica”. Ed è proprio a conclusione del comunicato che i responsabili de “La Puglia in più” mettono forse in evidenza il “nodo” centrale della questione. Infatti, come si ricorderà, Stefano già alle primarie di novembre del 2014 corse per la candidatura a governatore, sfidando l’allora segretario del Pd pugliese, Emiliano per l’appunto, e l’allora consigliere ed assessore regionale Guglielmo Minervini, scomparso prematuramente qualche anno dopo. All’epoca Stefano, per la corsa a governatore, era – come è noto – appoggiato dal governatore uscente Nichi Vendola, nel cui partito, Sel, era stato eletto senatore alle politiche di febbraio del 2013, mentre Minervini era assessore della giunta Vendola in quota Pd, nelle cui fila era stato eletto consigliere regionale nel 2010 con oltre 13mila preferenze. Sta di fatto che Emiliano da segretario regionale del Pd, a partita delle primarie ormai in corso, allargò agli esponenti dell’Udc pugliese (il cui segretario regionale era l’odierno assessore al Welfare di Emiliano, Salvatore Ruggeri, che – come si è appreso circa 48 ore fa – è sottoposto ad indagini dalla Procura di Foggia insieme allo stesso Emiliano) il perimetro della coalizione di centrosinistra che aveva dato vita alle primarie, senza la condivisione però dei partner vendoliani della stessa cordata e che, invece, avrebbero preferito prima scegliere il nome da candidare a governatore e poi, eventualmente, procedere al possibile allargamento. L’accordo di Emiliano per l’ingresso dell’Udc pugliese nella coalizione di centrosinistra, non con il proprio simbolo ma all’interno di una civica, “I Popolari per la Puglia”, fu ufficializzato qualche giorno prima della consultazione ai gazebo di fine novembre 2014. Però, a seguito di tale ingresso non concordato, ci fu chi all’interno della coalizione di centrosinistra avrebbe voluto che Stefano e Minervini abbandonassero le primarie, rompendo l’unità del centrosinistra, perché era del tutto evidente che l’intervento non condiviso di detta forza politica alle primarie, a campagna elettorale quasi conclusa, li avrebbe penalizzati a vantaggio di Emiliano. Come si ricorderà, lo stesso governatore Vendola era tra quelli che, per tale motivo, avevano chiesto a Stefano di ritirare la propria candidatura dalle primarie. Così non fu e sappiamo tutti come andò a finire con quelle primarie. E poiché – come recita un antico detto locale – “lo spavento vale per cento”, è possibile che il senatore Stefano sta volta possa aver subodorato in anticipo i rischi di una partita (quelle delle primarie che il Pd pugliese, guidato dall’emilianiano Marco Lacarra, vorrebbe svolgere il 12 gennaio prossimo) che, se non giocata alla pari, vale a dire in modo trasparente e senza alcun sotterfugio o inganno, avrebbe sicuramente un esito scontato in partenza, in quanto il vincitore sarebbe costruito a tavolino anziché nelle urne dei gazebo che, a quel punto, diventerebbero soltanto una formalità per il centrosinistra pugliese. Ecco perché nella nota de “La Puglia in più”, a conclusione delle accuse mosse contro chi si presenta al tavolo con regole sulle primarie già scritte altrove, si sottolinea: “Abbiamo già dato nel 2014”. Non è da escludere che, se stanno realmente così i fatti al tavolo del centrosinistra pugliese, anche l’altro possibile concorrente alle primarie, Amati anch’egli del Pd, non presenti la propria candidatura per i gazebo. Ed a quel punto non solo sarebbe una conferma alle accuse ed ai timori de “La Puglia in più” di Stefano, ma forse sarebbe addirittura meglio non farle proprio. E non solo per Gentile e Palmisanio, ma per lo stesso Emiliano. Infatti, che primarie sarebbero se tra i partecipanti c’è già chi le ha già vinte a tavolino o che, anche nell’improbabile eventualità che le perdesse, ha già deciso di candidarsi comunque a governatore?
Giuseppe Palella
Pubblicato il 18 Ottobre 2019