Cultura e Spettacoli

La Puglia mitica cavalca un delfino

San Nicola Pellegrino è il patrono di Trani. Narra la leggenda che questo pastorello greco, il quale aveva dato vita al suo cammino di fede recitando incessantemente quasi un mantra ‘Kyrie eleison’ sino al punto da essere considerato pazzo, divenuto più grande, volle recarsi in pellegrinaggio a Roma, per cui da Lepanto un giorno si imbarcò alla volta di Otranto. Durante il viaggio, i passeggeri, esasperati da quel suo ossessivo salmodiare, lo scaraventarono in acqua. Ma, tra la sorpresa generale, un delfino venne in soccorso del giovane e, mettendoselo in groppa, gli consentì di arrivare a destinazione prima della nave… Il tema del delfino è ricorrente nella mitologia pugliese. Questa meravigliosa creatura, per esempio, è presente nello stemma della Terra d’Otranto, antica circoscrizione amministrativa, prima del Regno di Sicilia, poi del Regno di Napoli, del Regno delle due Sicilie e infine del Regno d’Italia prima d’essere definitivamente smembrata nel 1927. La figura, di colore argenteo e che stringe fra i denti una mezzaluna pure questa d’argento, è verticalmente disposto sui ‘pali’ vermigli d’Aragona, anch’essi verticali in campo d’oro’. La mezzaluna simboleggia la vittoria sugli ottomani conseguita nel 1481 da Alfonso d’Aragona, duca di Calabria e figlio del Re Ferdinando I di Napoli, che riconquistò Otranto ancora in mano ai Mori i quali l’avevano  messa a sacco l’anno prima… Il delfino, poi, è uno dei più antichi simboli connessi ai Messapi e, in particolare, al mito di fondazione della città di Taranto. Nella ‘Descrizione della Grecia’ di Pausania si racconta che Falanto, il fondatore della città dei due mari, prima di giungere sulle coste pugliesi fu vittima di un naufragio e venne tratto in salvo da un delfino che lo condusse sulla terraferma. Restando a Taranto, il tema del delfino attraversa anche il mito di Taras, l’altra figura che contende a Falanto l’onore d’aver fondato Taranto : Quando ebbe raggiunta la costa jonica nei pressi del corso d’acqua che poi da lui avrebbe preso nome (il fiume Tara), l’eroe per prima cosa volle ringraziare gli Dei con un sacrificio. Durante il sacrificio un delfino comparve quasi a limiti del bagnasciuga indugiando in evoluzioni. Interpretato il fatto come un segno d’incoraggiamento da parte dell’Olimpo, Taras decise di fondare una città da dedicare a sua madre Satyria o a sua moglie Satureia e che chiamò quindi Saturo… Quanto in passato fosse radicata da noi la figura del delfino cavalcato è dimostrato anche dalla monetazione tarantina dell’era magno-greca. Ma c’è anche il ‘Barinon’ una moneta di bronzo del II secolo avanti Cristo e attualmente conservata nel Museo Archeologico di Santa Scolastica di Bari su un cui dorso è rappresentato un fanciullo ritratto a bordo di una barca nell’atto di scoccare una freccia mentre alle sue spalle la stella del mattino indica la rotta ; a poca distanza dalla barca, un delfino fluttua… L’amichevole rapporto dell’uomo col delfino trova conferma storica oltre i confini pugliesi in altre leggende riconducibili al medesimo archetipo del pesce-salvatore : Arione di Metimna, poeta lirico del VII secolo a.C., imbarcatosi per Corinto, venne derubato dei suoi averi dalla ciurma. Prima di essere gettato in mare chiese di poter cantare suonando la lira : la melodia raggiunse un branco di delfini. Quando i marinai-pirati naviganti si liberarono del poeta, questi venne aiutato dai cetacei che, caricandoselo a turno sul dorso, lo depositarono sulla spiaggia di Capo Tenaro da dove Arione proseguì a piedi fino a Corinto, città retta dal tiranno Periandro il quale, informato della vicenda, fece catturare e giustiziare quei malfattori…  Nella sua ‘Naturalis Historia’ Plinio il Vecchio racconta una storia commovente ambientata sulle rive del lago di Lucrino, nei pressi di Pozzuoli. In questo lago, che in passato un istmo artificiale legava al Tirreno, un delfino si era introdotto fissandovi la propria dimora. Sulle rive del Lucrino passava tutte le mattine uno scolaretto diretto da Pozzuoli a Baia. Notato il cetaceo, pur di avvicinarlo il fanciullo cominciò a fargli dono della merenda. Ne nacque un’amicizia talmente grande che il delfino faceva montare in groppa il ragazzo per condurlo a scuola ; allo stesso modo, lo riportava a casa. Poi un giorno il bambino si ammalò e morì. Il cetaceo però continuava a presentarsi ogni giorno nel luogo consueto ad attendere l’arrivo del suo ‘amico’. Quando capì, si fece ‘triste’ e si lasciò morire… Una storia analoga è narrata nel suo ‘Cose d’Egitto’ da Apione, un erudito del I sec. d.C. : “Io poi ho visto di persona, nei paraggi di Dicearchìa, un delfino morbosamente affezionato a un ragazzo di nome Giacinto. Al richiamo di lui agitava la coda e dava ali al suo spirito, ripiegava in dentro le pinne guardandosi così dal pungere minimamente il corpicino amato e lo portava a spasso a guisa di cavallo fino alla distanza di duecento stadi. Roma e l’Italia intera affluivano allo spettacolo di un pesce suddito d’Afrodite… In seguito questo medesimo ragazzo amato dal delfino s’ammalò e morì. L’innamorato seguitava a giungere alla solita spiaggia ma non c’era da nessuna parte il ragazzo che soleva aspettare il suo arrivo sull’orlo dell’acqua: e la nostalgia lo distrusse; e morì. Giacque sul lido, fu trovato da gente che sapeva. Lo seppellirono nella tomba del suo ragazzo”.  Il feeling uomo-delfino non si ferma all’era pagana. Compare anche nell’agiografia cristiana : due delfini recano a riva San Callistrato, che Diocleziano aveva fatto gettare in mare ; il corpo di Luciano d’Antiochia è trasportato da un altro delfino; San Martiniano fugge le tentazioni della lussuria cavalcando un delfino ; personaggi a cavallo di un delfino fanno parte del mosaico pavimentale della cattedrale di Otranto…

Italo Interesse


Pubblicato il 17 Gennaio 2023

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