Cultura e Spettacoli

La Regina si fa da parte

Una ragazza con l’amore per il canto e per il rock cresce scoprendo i Pink Floyd, Jim Morrison, gli U2. Poi, all’arrivo di Amy Winehouse s’illumina d’immenso. L’idolo le rinfocola la passione per la musica, anche al prezzo di derive pericolose. L’alcol, l’eroina e il rifiuto del padre promettono l’inferno. Ma contro le seduzioni dell’Abisso il buon senso finisce col prevalere. Sfumato il sogno di entrare nella leggenda, è tempo di abbandonare “nell’armadio delle rinunce”  microfono e chitarra e cercarsi un lavoro. La notizia della morte della star del soul bianco segna il prematuro ingresso  nell’età adulta. ‘Volevo essere Amy Winhouse’ è uno spettacolo di e con Elena Cotugno (regia : Gianpiero Borgia, produzione : Teatro dei Borgia, musiche : Papaceccio mc) che è stato in cartellone al Nuovo Abeliano fra venerdì e sabato. Una Cotugno che sprizza simpatia casareccia fugge l’imitazione del talento londinese e nel nome dello stesso dipinge un affresco di vita contemporanea ambientato a sud, a cavallo fra anni novanta e primordi del terzo millennio. Un affresco che ha il piglio del racconto rivolto più ad un pubblico di amici che di spettatori, a ragione dell’impeto, della passione e dell’autenticità della Cotugno. A imbrigliare tanta spontaneità, che diversamente sconfinerebbe nel cabaret involontario, interviene la mano di Borgia il quale crea un percorso di gesti e di luoghi scenografici. Così, intorno ad un microfono piantato su un’asta, una scrivania in stile pop-art e un letto sfatto scivolano in parallelo il gesto di una possibile diva colta nel privato e quello altrettanto intimo di una ragazza sognatrice, vitale e non meno fragile del suo modello. Nel lavoro di Borgia c’è meno Winehouse di quanto fosse lecito aspettarsi. Una scelta opportuna. La Diva è qui presenza discreta. Sembra defilarsi apposta, allo scopo di strappare dall’anonimato una fan. Nel quale cenno, sottilmente regale, ritrova identità una ‘specie’ sterminata e senza volto.  ‘Volevo essere Amy Winehouse’ è in qualche modo dalla parte degli afflitti, dei miti, dei misericordiosi, dei perseguitati… insomma dei ‘beati’, categoria cui non è estranea il popolo dei fan, questa realtà amorfa, tenace e fedele che nel nome dello star-system si consacra al ruolo di ‘massa’, consumandosi davanti ad un palco, inondando di mail una casella di posta elettronica, offrendo in tributo tonnellate di fiori, passando notti in piedi davanti ad un albergo nell’attesa, nella speranza di un passaggio fugace… Questo aspetto, che striscia in trasversale tra le maglie del progetto, forse anche all’insaputa degli stessi Borgia e Cotugno, ne rende più prezioso lo sforzo.

Italo Interesse

 

 


Pubblicato il 9 Febbraio 2016

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