Cultura e Spettacoli

La saetta nemica al campanile

In cima a torri e campanili è facile scorgere lunghe aste metalliche protese verso il cielo. Che da esse possano anche pendere bandiere o stendardi non tragga in inganno. Quelli sono parafulmini ‘a stilo’. La loro collocazione tiene conto del fatto che le folgori tendono ad abbattersi su tutto ciò che tende verso l’alto, come tralicci, alberi e, appunto, torri e campanili. Guai perciò a castelli e chiese sguarniti o difesi da impianti obsoleti. Ne sa qualcosa la chiesa del Santissimo Sacramento di Supersano (Le) che la notte di Santo Stefano è stata centrata da un fulmine. Ne ha fatto le spese una vasta porzione degli archi posti alla sommità della torre campanaria. Calcinacci hanno pesantemente danneggiato due autovetture in sosta. Nessun danno invece alle persone. Non sempre le folgori hanno il potere di atterrare un campanile, possono però lesionarlo, senza che il danno sia palese. Tale pericolo, soprattutto in passato, veniva sottovalutato, per cui, una volta turate le crepe, il campanile era restituito alla sua funzione. Ma le vibrazioni prodotte dalle campane poco a poco minavano la solidità della costruzione. Sicché era fatale che un giorno, senza che ci fossero temporali di mezzo, di schianto il campanile venisse giù interamente. A Bari successe. Chi osservi la nostra Cattedrale noterà un’assenza nel disegno architettonico: manca un campanile… Proprio così, il tempio dedicato a San Sabino un tempo di campanili ne aveva due, che svettavano gemelli. Poi un giorno del 1590 una saetta centrò una torre campanaria producendo “un’apertura considerabile su uno dei fianchi”. La commissione tecnica che provvide al sopralluogo dichiarò il campanile “periclante e a rischio cascata”. Ma dove reperire i fondi necessari alla costosissima operazione di restauro? Ovviamente, piuttosto che mettere le mani in tasca al clero o al pubblico erario, si fece ricorso ad “una tassa sulle gabelle sui forni”. E il popolo cominciò a pagare attraverso il rincaro del pane. Intanto l’inizio dei lavori venne rinviato, stante la necessità di procedere a sopralluoghi ulteriori per definire la migliore modalità d’intervento. Quando finalmente si misero d’accordo, furono erette le impalcature. Ma i lavori procedevano a rilento (i soldi non bastavano, i tecnici erano di nuovo in disaccordo…). Finì che le impalcature rimasero al posto loro e il cantiere venne chiuso in attesa di nuove disposizioni. Le quali si fecero attendere oltre il ragionevole. Così, alle 18:00 del 29 novembre 1614 il campanile ‘periclante’ venne giù di schianto. Scricchiolii sinistri e cadute di calcinacci dovettero comunque annunciare la catastrofe permettendo alla popolazione di mettersi al sicuro. Diversamente, sarebbe stata una strage, considerata l’incredibile densità abitativa della Bari di allora. Nessuno perse la vita, infatti. In una Relazione stesa non sappiamo da quale Autorità si legge che il crollo “non ha offeso persona vivente, sebbene ha fatto danno alla parete sinistra del brazzo di detta chiesa e alle case vicine”. Conclusione, il campanile non venne più riedificato, mentre l’odiosa tassa rimase. – Nell’immagine, le macerie del campanile di San Marco crollato il 14 luglio 1902.

 

Italo Interesse

 


Pubblicato il 31 Dicembre 2020

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