Cultura e Spettacoli

La San Giusto disse addio a Bari

Il 13 maggio 1941 nel porto di Bari risuonava per l’ultima volta la sirena della San Giusto. Il segnala annunciava l’uscita dell’unità che era diretta a Tripoli. Varata nel 1928 nei cantieri di Muggiano (La Spezia), la San Giusto era una piccola motonave che inizialmente svolgeva servizio di collegamento merci/passeggeri tra i porti dell’Istria e il capoluogo Giuliano. All’entrata in guerra era stata requisita dalla Regia Marina e trasformata prima in posamine, poi in nave soccorso, ovvero adibita a missioni di salvataggio di naufraghi ed equipaggi di aereo abbattuti o precipitati (le sue caratteristiche la rendeva operativa nel tempo record di trenta minuti). L’ordine di partenza da Bari era stato accolto a bordo con particolare cupezza : la nave andava a prendere il posto della Orlando, un’altra nave di soccorso affondata nelle acque di Tripoli dieci giorni prima. Si sa com’è fatta la gente di mare, sia in tempo di pace che di guerra, è superstiziosa, crede ai cattivi presagi. Non bastasse il fatto che la Orlando era andata a fondo per l’urto contro una mina, ecco dopo una dozzina di ore di navigazione le vedette segnalare agitatissime la presenza di una mina vagante. Fatta oggetto di colpi di fucile, la torpedine veniva neutralizzata, ugualmente tanto non bastava a rasserenare gli animi. Anzi. A bordo la tensione cresceva a misura che calava la sera… Alle 05:55, a una ventina di miglia dalla meta, quando già a bordo si cominciava a tirare un sospiro di sollievo, un boato faceva sussultare la San Giusto. E già, un’altra mina… Nonostante la nave avesse perso la prora, la plancia, i locali sottostanti e l’albero di trinchetto, la sala macchine era rimasta illesa. Per cui, pur ridotta ad un relitto mutilo, la San Giusto continuava a navigare. In quelle condizioni non avrebbe potuto coprire più di un paio di miglia, ma questa sorta di ‘ostinazione’ fu la salvezza dei superstiti, i quali ebbero modo di prendere posto su due scialuppe e l’unica motolancia a disposizione. Dopo che i sopravvissuti si furono portati a un cinquecento metri dalla San Giusto, venne fatto l’appello : in sedici non risposero. In attesa dei soccorsi, gli uomini rimasti in vita rimasero ad osservare l’agonia della nave. Quando l’acqua raggiunse la base del fumaiolo sul ponte di passeggiata il bastimento impennò la poppa a perpendicolo sul mare e rimase in quella posizione sino alle 07:08. Poi s’inabissò mentre tutti, commossi, si mettevano sugli attenti. Gli uomini rimasero ancora un poco in raccoglimento, poi la lancia riaccese il motore e si diresseverso Tripoli trainando le due scialuppe. Lo sforzo fu fatale al motore, che smise di funzionare. Gli uomini allora si misero ai remi. Finalmente, verso mezzogiorno, quando Tripoli era in vista, arrivarono due pescherecci a rimorchiarli in porto. (Fonte : ‘Con la pelle appesa a un chiodo’).

 

Italo Interesse

 


Pubblicato il 23 Febbraio 2019

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