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La scarsa partecipazione alle urne mette a rischio l’effettiva democrazia

Le recenti regionali di Marche, Calabria e Toscana lasciano intravedere anche per la Puglia un calo di affluenza al voto alla tornata elettorale del 23 e 24 novembre prossimi

La scarsa partecipazione al voto alle recenti tre competizioni elettorali regionali di Marche, Calabria e Toscana, conferma chiaramente che il 50% e passa degli elettori non crede più nel sistema politico con cui attualmente si scelgono i rappresentati indicati al governo della “Cosa pubblica”. Un segnale, questo, molto preoccupante per la democrazia, poiché una scarsa partecipazione al voto lascia presumere che molti cittadini non hanno più fiducia nelle forze politiche che danno vita alla competizione elettorale e di conseguenza nei politici che la animano. Tra le cause per cui la metà (ed anche oltre!) del corpo elettorale sceglie ormai di non recarsi al seggio alle elezioni, vi è sicuramente il fatto che la maggior parte degli assenteisti non ha più interesse a votare, perché è verosimilmente delusa dalla classe politica nata dal sistema elettorale vigente  che, come è noto, oltre a prevedere l’elezione diretta di sindaco e presidente di Regione, è un sistema a vocazione maggioritaria con sbarramento e premio di maggioranza, ma che realtà non ha eliminato le criticità ed i vizi nella ricerca del consenso presenti nel precedente sistema proporzionale puro e con elezione indiretta di sindaci e presidenti di Regione. Una classe politica che in gran parte è frutto non più di un attivismo politico svolto prima con la militanza di partito e poi, successivamente, con una graduale esperienza politico-amministrativa nelle istituzioni, concretizzatasi a seguito di una preselezione nel partito di appartenenza e l’entrata in lista, in virtù della competenza e/o esperienza possedute o maturate in precedenza. Infatti i partiti, ossia le formazioni associative previste dalla nostra Costituzione repubblicana (art. 49), deputati a concorrere con metodo democratico a determinare la politica locale e nazionale, sono da tempo di fatto sostanzialmente delegittimati, a seguito della criminalizzazione del sistema politico nato in Italia dopo la caduta del Fascismo e rimasto in vita fino al 1992. Un sistema che con tutti i suoi limiti e difetti aveva contribuito a democratizzare e modernizzare il Paese, dopo la caduta della Monarchia ed un ventennio dittatoriale. Infatti, alla luce dell’attuale tasso di partecipazione al voto risulta difficile affermare che la vita democratica in vigore in Italia fino al 1992 fosse quella di una “democrazia malata” o frutto di un “sistema elettorale malato”, poiché i mali di quella realtà erano sicuramente meno gravi di quelli che affliggono l’attuale sistema politico. Infatti, oggi, le “tecniche” di accaparramento del voto sono peggiorate notevolmente rispetto al passato e, conseguentemente, è peggiorata anche la qualità di gran parte del personale politico presente nelle competizioni elettorali e, quindi, anche di gran parte degli eletti a tutti i livelli. Insomma, il risultato di oltre trent’anni di sistema maggioritario e preferenza unica (di genere, solo da alcuni anni) ha prodotto una evidente sfiducia in una fascia crescente di elettori, che ormai ha raggiunto il 50% del corpo elettorale ed una tendenza verosimilmente in crescita per le prossime tornate elettorali. Quindi l’attuale sistema elettorale ha determinato, in definitiva, una sfiducia generalizzata dei cittadini verso la politica ed in coloro che la praticano. La prova inconfutabile di ciò è data dal confronto dei partecipanti alle urne nelle diverse tornate elettorali succedutesi dal 1994 in poi, rispetto ai dati delle precedenti partecipazioni, svoltesi dal 1946 e fino al 1992. Dati, questi ultimi, che talvolta (soprattutto alle amministrative) avevano toccato anche punte di oltre il 90% e che comunque non erano mai scese, in qualsiasi tipo di competizione (amministrative, regionali, politiche) al di sotto del 65-70% di votanti. Alle recenti regionali, nelle Marche la partecipazione al voto è stata di un elettore su due degli aventi diritto, mente in Calabria di appena il 44% ed in Toscana di circa il 48% del corpo elettorale, con un calo che oscilla mediamente tra l’8% ed il 15% rispetto alla penultima corrispondente tornata elettorale del 2020, avvenuta – come si ricorderà – a ridosso di una pandemia che non era ancora terminata del tutto. Quindi, servirebbe che le forze politiche realmente democratiche di questa nostra nazione, alla luce dell’evidente caduta di tensione nella partecipazione al voto da parte del corpo elettorale, facciano una riflessione sulla “salute” del nostro attuale sistema elettorale, per poi meditare una nuova e più efficiente riforma elettorale. Invece, finora, abbiamo assistito solo a molte analisi distorte del voto ed a riforme “autoreferenziali” dei sistemi elettorali, sia a livello nazionale che regionale. Quindi, allo stato dei fatti è verosimile che anche alle regionali di Veneto, Campania e Puglia del 23 e 24 novembre prossimi si verifichi una caduta di partecipazione al voto rispetto a quelle del 2020 Salvo sorprese che potrebbero verificarsi a seguito di una reazione, da parte degli elettori, verso un uso massiccio della “spettacolarizzazione” della politica, oppure come conseguenza dell’efficacia comunicativa di talune campagne propagandistiche mediatiche. Comunque di certo a vincere non sarà la “democrazia”, che in simile contesto assume sempre di più una deriva populista e scarsamente effettiva.

Giuseppe Palella

 

 


Pubblicato il 16 Ottobre 2025

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