Cultura e Spettacoli

La serpe, la torre e l’olio

Gli stemmi che ornano i gonfaloni municipali hanno nulla di casuale. Per esempio quello di Bari è diviso in due bande verticali e parallele, una bianca e l’altra rossa. E’ questa la stessa disposizione (ma in orizzontale) dei colori nella bandiera polacca. Ciò è conseguenza del fatto che Bona Sforza, già Duchessa di Bari nel Cinquecento, andò sposa a re Jagellone di Polonia, della quale nazione alla morte del marito divenne sovrana. Se non la storia documentata, come nel caso di Bari, dietro uno stemma comunale può celarsi il mito. E’ il caso dello stemma di Otranto, nel quale è raffigurata una serpe nera che si avvolge ad una torre. Nel territorio dell’estremo centro orientale di Puglia svettano ancora i resti dell’antica Torre del Serpe, una costruzione a base circolare e di forma tronco-conica che risale ai tempi dei romani (fu poi restaurata da Federico II). Intorno ad essa circola una leggenda legata al fatto che in cima a quella torre, che fungeva da faro, a notte brillava una lingua di fuoco alimentata da una enorme lampada ad olio. La leggenda narra che al calare del buio un serpente saliva per bere l’olio della lampada che così si spegneva. Privi di quel determinante punto di riferimento, i naviganti pagavano col naufragio il prezzo di un braccio di mare insidiosissimo per via delle correnti e delle improvvise tempeste. E si narra pure che pochi anni prima del sacco d’Otranto (1480) i Saraceni diretti verso Otranto per saccheggiarla, trovando spento quel faro a causa delle serpe affamata, passarono oltre e attaccarono la vicina Brindisi. Si sono date di tale leggenda varie spiegazioni. Nel suo ‘Puglia Mitica’ (Levante Editori, Bari 2011) Francesco De Martino dice che alcuni hanno voluto vedere in quello stemma il mito di Ercole che, avendo ucciso il gigante Leutario e denominata Hydrus la città da lui fondata in onore dell’Idra, si nutre del sangue del nemico morto. La tesi ci pare inutilmente complicata.  Osserviamo di sfuggita che nel ‘Dizionario di Mitologia’ di Gislon e Palazzi, autentica Bibbia della leggenda, il gigante Leutario non è nominato. Semmai è più ragionevole, come sostengono altri, vedere nella vasca d’olio che alimentava la gigantesca lampada l’abbondanza di tale prodotto nel Salento e nella serpe affamata la città di Otranto che di quella ricchezza – e più di oggi – si nutriva tra consumo alimentare e commercio. Nel nostro piccolo suggeriamo altra interpretazione : il rettile rappresenta la leggenda ben radicata in Puglia della serpe che, attratta dall’odore del latte materno, s’insinua in casa e, a notte, scalzato il poppante dal capezzolo, sugge dallo stesso con disarmante delicatezza (da cui il detto : nutrire una serpe in seno). Se al latte si sostituisce l’olio e alla serpe l’Invidia per la ricchezza di Otranto (che fino all’Ottocento era con Gallipoli uno dei più importanti porti del Mediterraneo per il traffico dell’olio d’oliva), quello stemma assume il valore di una affermazione di successo e di esorcismo verso i guasti della gelosia.

Italo Interesse

 


Pubblicato il 15 Febbraio 2014

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