Cultura e Spettacoli

La tarantata patteggiò con San Paolo

“Questa è la terra di Puglia del Salento, spaccata dal sole e dalla solitudine, dove l’uomo cammina sui lentischi e sulla creta… Avara è l’acqua a scendere anche dal cielo, gli animali battono con gli zoccoli un tempo che ha invisibili mutamenti. I colori sono bianchi, neri, ruggine. E’ terra di veleni animali e vegetali : qui esce nella calura il ragno della follia e dell’assenza, si insinua nel sangue di corpi delicati che conoscono soltanto il lavoro arido della terra, distruttore della minima pace del giorno…”. Così, Salvatore Quasimodo, di cui oggi ricorre il 49 esimo anniversario della morte. Invano si ricercherebbero queste parole fra le migliaia distribuite nelle undici sillogi in cui si raccoglie la produzione del poeta di Modica. Si tratta delle parole che accompagnano le immagini di ‘Tarantola’ una video-inchiesta realizzata nel 1961 da Gian Franco Mingozzi con la consulenza di Ernesto De Martino (produzione : Franco Finzi de Barbara per la Pantheon Film ; musiche originali registrate da Diego Carpitelli ; fotografia : Ugo Piccone – in seguito il regista bolognese, scomparso nel 2009, avrebbe ribadito altre due volte questa formula dell’immagine accompagnata dalla parola di un grande poeta : nel 1963 con  ‘ Li mali mestieri’, ambientato a Palermo e accompagnato dai versi di Ignazio Buttitta, e nel 1965 con ‘Col cuore fermo, Sicilia’, introdotto da un testo di Leonardo Sciascia). Girato fra Nardò e Galatina, ‘Tarantola’ testimonia la pratica della danza liberatrice sia tra le mura domestiche, sia coram populo, come fu in occasione del festa di San Pietro e Paolo nella Chiesa Matrice  di Galatina nella festa del 29 giugno di quell’anno. In apertura, sulla strada per Nardò, sull’eco delle parole meravigliose e fuori campo di Quasimodo, si svela il bianco e nero di una Puglia ferocemente assolata, polverosa, imbiancata a calce. Poi, ecco una donna paludata di bianco che si rotola sul pavimento di una poverissima casa di Nardò mentre l’orchestrina le è addosso, quasi le suona nelle orecchie ; affacciati alla porta di casa, che nessuno osa varcare e che nessuno osa chiudere, paesani sbirciano in silenzio, muti, seri, curiosi ma con rispetto. La donna rifiata, si rivolge a San Paolo, storico ‘liberatore’ dalla tarantola, e del quale un’immagine è sorretta da una bimba impassibile. Chiede al Santo se tutto quel danzare è sufficiente a scacciare il veleno della tarantola. Ma il Santo, per bocca della stessa donna risponde che non basta. Stizzita, la tarantata dà un colpo col palmo contro l’immagine e riprende a dimenarsi. Nella seconda parte ci si sposta a Galatina. Nella Chiesa Matrice donne ‘serpeggiano’ sul pavimento del tempio in un coro di strepiti e lamenti. Siccome non c’è spazio per tutte, altre saltellano in piazza senza un sorriso, lo sguardo inespressivo, all’interno di un semicerchio di persone che si apre al di là del sagrato. Appena oltre quella breve cornice di pubblico, un venditore di santini si guadagna il pane, sfila la banda, due vigili urbani mettono ordine… Diciannove minuti di cinema onesto, mai ruffiano, moderatamente intrusivo.

 

Italo Interesse

 

 


Pubblicato il 14 Giugno 2017

Articoli Correlati

Pulsante per tornare all'inizio