Cultura e Spettacoli

La trilogia, Sara del blu

Il primo titolo della trilogia di Italo Interesse recita “Scusi, è questo Sunset Boulevard?”. I due personaggi, A e G (attrice e giornalista), nell’arco di 18 pagine, mettono a nudo le rispettive e complementari sconfitte. Alla fine della ‘pièce’, andata in scena in un paesino, i due, man mano, si confessano, mettendo in luce non solo il proprio travaglio, ma anche la decadenza di due mestieri (il teatrante e il critico teatrale). Come l’attrice si sobbarca anche la mansione di costumista, così il critico accetta di recensire anche una fiera paesana. Tutti si adattano, non senza rimpianti: a questi si allude con il richiamo al film di Billy Wilder “Viale del tramonto”. Sarà la coalizione degli sconfitti a permetter loro un possibile rilancio. L’atto unico di Interesse si segnala per questo sua aspetto ‘double face’. Il commediografo, infatti, concilia l’umorismo (sarcastico) con il ritratto di esseri umani apparentemente giunti al capolinea. Leggiamo una battuta di A: “questo testo l’ho scritto due mesi fa appositamente per portarlo qui e, badi bene, in anteprima provinciale. Annoti, annoti”. Si vede come coesistano la satira pungente di un certo sottobosco (qui il teatro e il giornalismo di provincia) e il rovello di un’umanità alla deriva. I due, grazie a un’alluvione, che li costringe a rimanere nel luogo di spettacolo, dopo le iniziali diffidenze, troveranno un’intesa. La caricatura si trasforma poco alla volta in benevolenza. Il drammaturgo, tuttavia, dimostra di non avere peli sulla lingua. Da un lato, si mantiene sul generico, quando afferma che “ogni giornalista è custode di un ossario”; dall’altro, dà di sciabola quando lo stesso cronista afferma che potrebbe “mettere alla gogna i gestori massoni che bruciano-aprono-fanno chiudere teatri”. – Nel successivo atto unico l’autore si richiama, esplicitamente nel sottotitolo, allo scrittore di fantascienza polacco-ucraino, Stanislav Lem. Apparentemente la situazione di base rispecchia quella della commedia precedente: un uomo e una donna, impossibilitati a uscire, a causa della pioggia battente, da un luogo chiuso (il teatro e la baracca). Ora la coppia (Davide e Nadia)  rivive per un attimo quello che era stato un lungo e tormentato amore. Passione che si concretizza nella materializzazione della donna morta, in virtù di un meteorite, scoperto in fondo alla miniera dov’è la baracca. Tra le sue qualità, la pietra ha quella di far resuscitare: cosa che capita a Nadia, che assapora accanto all’ex-fidanzato pochi scampoli di passione (un breve ritorno alla vita che ricorda la parziale e interrotta ricomparsa dall’Ade di alcuni personaggi femminili della mitologia greca). Ora l’autore opera una fusione di generi (il teatro e la fantascienza) che stravolge le situazioni di partenza. Non assisteremo, contro le aspettative, a un breve incontro (sentimentale); non saremo partecipi completamente degli effetti del meteorite. Lo scrittore, quindi, può dar luogo ad alcune anomalie come l’innesto, nel testo teatrale, di una desueta terminologia scientifica. “L’ultima mina ha messo in luce sul fondo della cava un’escrescenza rocciosa che ha dell’anomalo per colore,consistenza e forma”. Peculiare è anche l’amalgama delle pseudoscienze del passato con le emozioni. La citazione che segue illustra bene la funzione straniante di un linguaggio anacronistico. “Come dicono gli occultisti, si sarà raccolta una qualche forma-pensiero, un condensato delle energie proiettate inconsciamente da tutta la gente che lavorava in miniera, un condensato di paure, pregiudizi e sensi di colpa”.
– Infine ‘Sara del blu’. Ben scelto il titolo perché la terza e ultima ‘pièce’, in un certo senso, riassume e ingloba le altre due. Anche qui si fronteggia una coppia. Anche qui la donna è impetuosa. Pure qui l’amore è trampolino di lancio utilizzato per disincagliarsi da un senso di stasi e crisi. Al di là di questo aspetto, diciamo così, esistenziale, la produzione teatrale di Interesse si caratterizza per un uso particolare del linguaggio che, a volte, si fa funambolico. In “Sara” si nota di più l’innesto di una ‘fabula’ con un lessico tambureggiante dove i suoni scaturiscono gli uni dagli altri (ma, anche qui, la finalità è quella di opporsi alla piattezza e al degrado). Perciò concludiamo la nostra  rassegna critica con un esempio di questo uso del linguaggio. “Nemmeno una sirena, un bimbo a cavallo di un delfino, Re Poseidone che emerge dalle acque impugnando il tridente…? … Nemmeno una nave carica di rifiuti tossici che va a fondo, … un gommone che ti scarica uno stock di extracomunitari… non un veliero, …il Pequod con Achab tutto contento che sul ponte di cassero balla il tip tap con la protesi nuova ricavata da un dente di Moby Dick. … niente Titanic, neanche un cetaceo spiaggiato, neanche …Ulisse che … va cercando daccapo Nausicaa, Circe, Calypso…”

 

Gaetano D’Elia

 


Pubblicato il 5 Novembre 2015

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