“La vita è bella anche senza trucco”: Andrea Leonetti racconta le ansie giovanili
Le ansie giovanili, le tragedie sognate dei primi amori (spesso non corrisposti) e le tragedie vere, legate alla microcriminalità che a volte sfocia in un percorso senza uscita, infine la chiave di fuga cercata in una dimensione di pace interiore. Ne “La vita è bella anche senza trucco” il giovanissimo Andrea Giuseppe Leonetti, sceneggiatore e regista, riesce a ricomporre in una dimensione onirica (omaggio felliniano) e trasognata le asprezze del periodo giovanile, pieno di contraddizioni, di domande aperte e di situazioni “a rischio” da cui nessuno sembra essere immune. Ad accompagnare il diciottenne regista nella sua seconda prova in un cortometraggio alcuni suoi amici di percorso, come Fabrizia Nardilli (già alle prese di altri lavori come giovane attrice), il coetaneo Nicolò Longo, suo grande amico e la sorella Pinetta Leonetti, nel ruolo di una giovane vittima della criminalità. Come “aiuto regista” Andrea Leonetti ha potuto contare sulla presenza del padre Gioacchino (lo ha aiutato a produrre anche il suo primo lavoro: “Come maschere”), mentre la madre Marina Di Vagno ha girato nel corto nel ruolo della mamma. Completano il team di produzione il compositore della colonna sonora, Roberto William Guglielmi, e il direttore della fotografia Lorenzo Porcelli. Andrea Leonetti, al termine dell’applaudita proiezione nell’Excelsior di Bari, ha parlato dell’ispirazione che lo ha portato a scrivere la trama: il desiderio di scrivere qualcosa sulla criminalità gli si è prospettato durante l’ascolto di una conferenza di un Procuratore della Repubblica in occasione di una cerimonia di commemorazione del suo bisnonno: Giuseppe Di Vagno (Conversano, 12 aprile 1889 – Conversano, 25 settembre 1921), primo parlamentare italiano vittima del fascismo. Parlando con le parole e con i drammi della sua età, Andrea Leonetti è riuscito a proporre una serie di immagini chiave della pericolosità della vita quotidiana in una grande città (è Bari, ma potrebbe essere una qualunque area metropolitana), dove ognuno non si sente mai abbastanza protetto, neanche dalla propria famiglia. Una serie di problematiche investono il protagonista, che alla fine riesce- invece- a trovare in sé stesso e nella capacità di ricorrere anche al mondo del fantastico (di qui l’omaggio al cinema come mezzo di espressione) la ragione per ricominciare ogni giorno a rivivere di nuovo. Il tutto raccontato con un ritmo agile e con una ricchezza di contenuti visivi che intriga lo spettatore.
Mariapina Mascolo
Pubblicato il 23 Febbraio 2011