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L’accoglienza a Bari tra vecchi e nuovi ghetti, ma sempre in periferia

 

L’omicidio in Puglia del bracciante Mamoudou Sare, morto ammazzato a fucilate mentre in un campo vicino a Lucera era alla vana ricerca di cibo e lavoro, è “…espressione di quanto valga oggi la vita di un essere umano a causa della campagna di disumanizzazione, razzismo e odio in atto nei confronti dei migranti in generale”, il commento a caldo di Aboubakar Soumahoro, dell’esecutivo nazionale Unione Sindacale di Base, dopo aver visto cadere sotto i colpi a pallettoni di un paio di contadini foggiani il povero ragazzo di colore. “Prima i braccianti vengono schiavizzati – ha alzato i toni il sindacalista – e quando si infortunano o muoiono, raramente se ne viene a conoscenza perché c’è omertà generalizzata. Chiediamo verità e giustizia per l’uccisione di Mamoudou; questo chiedono parenti ed amici. Ad oggi siamo ancora in attesa di luce e verità per Zaccaria, Paola, Mohamed, tutti braccianti che hanno perso la vita nei mesi scorsi”. “Adesso coloro che hanno fomentato l’odio contro il diverso per guadagnare in termini politici ed elettorali possono mettersi l’anima in pace. Perché la società che uscirà da questa campagna di disumanizzazione non risparmierà nessuno. Compreso i suoi fautori di oggi”, conclude Soumahoro. Insomma, la scomparsa di un africano, affamato e disoccupato, potrà mai far riflettere? Magari più di qualche amministratore. E magari sulla seconda accoglienza in città come Foggia ma anche a Bari, dove al Centro dell’aeroporto di Palese – a partire dall’anno venturo – si aggiungeranno una cinquantina di prefabbricati per alloggiare i rifugiati che ora si trovano nei capannoni ex Set, tra il lungomare e via Brigata Regina. Dunque, nel capoluogo della Puglia, come dappertutto nella nostra regione, non esiste ombra di dibattito, progettualità e confronto sul tema dell’accoglienza. Affidandosi sempre e solo alle sapienti mani della Caritas, della Croce Rossa ma in primis del Governo di turno. Che, immancabilmente, si limita a foraggiare ghetti di periferia come quello, appunto, che a Bari sorgerà – non si sa quando – nei pressi della Fiera del Levante con una cinquantina di baracche dotate di tutti i comfort. E le polemiche, inutili quanto puntuali, sono state ampiamente preannunciate, come il ritornello di una vecchia canzone: «Ci vadano loro, sindaci, assessori, prefetti e consiglieri in quei ‘container’ dove farà freddo d’inverno e un caldo d’estate>>, hanno già fatto sapere i volontari che si battono al fianco degli africani sloggiati alla fine dell’anno scorso dall’ex convento di Santa Chiara e poi deportati negli androni dove c’hanno piazzato una specie di tendopoli. Sotto le travi abitate da piccioni e colombi a centinaia, mentre sui pavimenti razzolano topi di tutte le dimensioni. I prefabbricati che saranno forniti dalla ditta aggiudicataria dell’appalto celebrato dal Comune (‘IFA GROUP SRL’ di Massafra), invece, saranno nuovi e luccicanti, senza dover pagare nulla di luce, gas e smaltimento dei rifiuti: tutto compreso nel milione e 200 mila euro che il Ministero dell’Interno ha dirottato al Comune di Bari, appunto, come prima ‘tranche’ per risolvere parzialmente il problema dell’accoglienza. Seconda accoglienza che, come abbiamo già scritto, si fa a macchia di leopardo: dai ruderi occupati di proprietà dell’amministrazione pubblica, alle stanzette buie, senza luce e acqua dell’ex Ferrhotel vicino alla Stazione Centrale. Dove dal 4 ottobre 2009 si arrangiano una quarantina di ragazzi somali. <>, si legge nei bandi che adesso dovrà pubblicare il Comune per completare l’opera, comprenderà anche gli allacci per fogna ed energia elettrica ed è stata delimitata in zona P-4 del Piano Regolatore Generale, non lontano dai palazzotti scoloriti del vecchio Villaggio Trieste. A Bari è là che, quasi mezzo secolo fa, furono ospitati altri duecento rifugiati che scappavano dalla Grecia, da altre guerre e violenze…

 

Francesco De Martino

 


Pubblicato il 25 Settembre 2015

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