Cultura e Spettacoli

L’altare del monaco ignoto

Il complesso degli eremi che avvolgono l’Abbazia di S. Maria di Pulsano nel territorio di Monte Sant’Angelo costituisce uno degli scorci più suggestivi di Puglia. Si tratta di un complesso di spelonche per lo più aperte nei fianchi di scoscesi e asperrimi valloni. Ne sono stati censiti 24, metà dei quali non sono accessibili al comune visitatore. A negarlo è la natura del luogo, salvo essere cultori  del free climbing. La differenza fra cavità naturali raggiungibili attraverso vertiginosi incamminamenti ed antri dove gli anacoreti potevano rifugiarsi solo facendosi calare per mezzo di funi o scendendo lungo scale a corda suggerisce intriganti riflessioni sul livello di difficoltà della vita eremitica. Se in alcune grotte era possibile vivere anche a lungo sia pure duramente, nelle cavità più selvagge la sopravvivenza del religioso non doveva superare la settimana. Nelle grotte più vaste, come quella dedicata al culto di San Gregogio, i monaci potevano accendere il fuoco e sfruttare l’acqua che canaletti scavati nella roccia convogliavano in cisterne e terrazzamenti, potevano  persino dedicarsi allo studio e alla pittura (splendidi gli affreschi della grotta di San Nicola). Ma nelle cavità più selvagge di quali ‘comfort’ godere? Una pelliccia, una bisaccia con una forma di pane e un piccolo otre erano le uniche cose che accompagnavano il religioso. Sacrificato dentro fessure che non consentivano neanche di stare in piedi, accucciato come un animale, il monaco viveva in preghiera e contemplazione. Un esercizio di volontà riservato solo alle fibre e alle anime più salde. Una sfida ancora più estrema che l’uso del cilicio e la pratica del digiuno, una sfida equiparabile solo al sacrificio di quegli anacoreti, gli stiliti, che si ritiravano in preghiera su una piattaforma posta in cima a una colonna. Morì qualche religioso negli anfratti di S. Maria di Pulsano, assiderato o stroncato da una crisi cardio-respiratoria? Forse. In questo caso che avrebbe fatto il monaco pietoso che a sua volta calatosi a rischio della vita avesse constatato il decesso del confratello? Non più che comporre la salma, celebrare uno scarno ufficio funebre e andare via. Da quel momento un qualche segno sul ciglio del dirupo veniva posto a indicare che laggiù riposavano i resti di un fratello morto in odore di santità. Segni poi cancellati dal tempo insieme alla memoria orale. Se è così, qualche fessura nella roccia conserva ancora resti mortali…  Un monumento naturale al Monaco Ignoto. Il censimento del sito di S. Maria di Pulsano forse non ha preso in considerazione anfratti oggi ‘invisibili’ perché occultati da cespugli cresciuti successivamente al periodo di frequentazione monacale. E da quelle parti ne sono passati di sant’uomini. Nella spelonca di S. Michele Arcangelo, secondo gli scrittori Ughelli e Baronio avrebbero soggiornato S.Francesco d’Assisi nel 1216 e, nel 1295, S. Celestino V, l’uomo che col ‘gran rifiuto’ non volle ascendere al soglio del pontefice.

 

Italo Interesse


Pubblicato il 12 Luglio 2014

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