Cultura e Spettacoli

L’amico della preistoria

A settembre dello scorso anno, al termine di un periodo di ricerche condotte in siti paleolitici pugliesi, un’unità di studio di preistoria e antropologia del Dipartimento di Scienze fisiche, della terra e dell’ambiente dell’Università di Siena senese annunciava d’aver rinvenuto nei siti di Grotta Paglicci (Rignano Garganico) e Grotta Romanelli (Lecce) le più antiche tracce di cane addomesticato in Italia. Tali tracce risalirebbero a 20mila anni fa. Una sorpresa considerando che fino allo scorso anno i più antichi resti di canidi riconosciuti con certezza (e provenienti da siti dell’Europa centrale e occidentale) venivano retrodatati a non più di 16mila anni. La notizia può essere messa in relazione con le scoperte fatte assai prima, nel 1973, in località Cala Colombo, nel territorio di Torre a Mare. Nel sito in questione esiste una grotta che è l’unica residua di un complesso di almeno tre ipogei in parte svuotati e smantellati dall’erosione marina. Probabilmente adattata dall’uomo che modificò una preesistente cavità naturale, la cavità nel 1973 si presentava colma di un deposito di terreno spesso circa m. 1,50 contenente testimonianze riferibili al Neolitico. Tali testimonianze consentono di affermare che a Cala Colombo viveva una comunità abbastanza evoluta, numerosa, organizzata e capace. Diversamente, non si spiegherebbe tanta abbondanza di lame in ossidiana, ami e punteruoli in osso, avanzi di ceramica, relitti scheletrici di uomini e bestie. Quanto ai resti animali, è interessante notare come sugli animali selvatici (coniglio e cervo) prevalgono quelli domestici, a dimostrazione di come l’attività di allevamento fosse già ben sviluppata 2500 anni prima di Cristo. In mezzi a tracce di ovicaprini, maiali e buoi sono stati rinvenuti anche ossi di canidi. Soffermiamoci su quest’ultimo ritrovamento. In proposito gli archeologi hanno parlato non di esemplari di ‘canis lupus’ bensì di ‘canis familiaris’ o ‘proto-cane’, cioè il discendente del primo, addomesticato in epoca imprecisata a scopo di difesa della persona, del territorio, di greggi e mandrie. Il tema dell’addomesticamento del lupo – finalizzato a procurarsi uno ‘strumento’ di caccia e di difesa degli accampamenti o a svolgere un ruolo simbolico (ancora oggi presso alcune popolazioni il cane è considerato una reincarnazione dei defunti o una manifestazione terrena degli spiriti) – divide da tempo gli studiosi. Inizialmente si è creduto che il cane abbia fatto ingresso nell’epopea umana quando i primi cuccioli di lupo rimasti senza madre vennero introdotti nelle comunità. Ma ciò non teneva conto del fatto che la natura ferina di quei cuccioli, una volta che essi fossero cresciuti, sarebbe irrimediabilmente emersa. Le teorie più recenti considerano perciò l’idea dell’auto-addomesticazione: Attratti dalle carcasse animali che i primitivi abbandonavano oltre la soglia dei ricoveri, i lupi finirono col prendere confidenza con l’uomo. Quando i primi esemplari arrivare a mangiare direttamente dalle mani degli uomini, il processo di addomesticazione si poté dire avviato. Liberando la fantasia qualche studioso ha ipotizzato che le donne del neolitico usassero nutrire del proprio latte i cuccioli dei cani ‘famigliari’ al fine di spegnere in essi l’indole selvatica e inclinarli ad una natura obbediente…

Italo Interesse

 


Pubblicato il 11 Giugno 2021

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